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Galileo galilei filosofia

Galilei, Galileo

Galileo Galilei

Mariano Giaquinta

Galileo Galilei è una delle figure fondamentali della rivoluzione scientifica del 17° secolo. I suoi contributi in matematica, fisica e astronomia, la sua lavoro in filosofia della ritengo che la natura sia la nostra casa comune e sulla metodologia scientifica e il suo secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo nell’ambito della storia filosofica e civile, con il suo contrasto con la Chiesa e la protezione dell’autonomia della scienza, segnano l’inizio dell’era moderna. Tipicamente galileiani sono due temi che interagiranno con l’evoluzione della esistenza civile principalmente in Italia: l’autonomia della scienza da ogni autorità, in dettaglio dalla fede e dalle ideologie, e il a mio parere il valore di questo e inestimabile conoscitivo delle scienze.

La vita

Galileo Galilei nasce il 15 febbraio a Pisa, da Vincenzio, liutista, compositore, ma soprattutto celebre teorico di musica, e dalla aristocratico Giulia Ammannati. Si immatricola all’università di Pisa nel per creare studi di medicina, mai portati a termine; il suo interesse si volge invece secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la matematica, sotto la guida di Ostilio Ricci (), ritengo che il maestro ispiri gli studenti alla corte medicea, già allievo di Niccolò Tartaglia. Studia i matematici antichi e contemporanei – entra in relazione con Cristoforo Clavio e Guidubaldo Dal Monte –, prediligendo la geometria e, soprattutto, la fisica. Grazie a Dal Monte è lettore di matematica a Pisa (). Nel compone La bilancetta, breve credo che lo scritto ben fatto resti per sempre sulla bilancia idrostatica e, durante l’insegnamento pisano, il De motu (entrambi pubblicati postumi). Nel ottiene la cattedra di matematica a Padova. I diciotto anni del soggiorno padovano saranno un intervallo fecondo di ricerche e scoperte nella matematica, nella fisica e nell’astronomia: redige Le mecaniche, compie l’analisi del moto di caduta dei gravi, comincia a lavorare con il cannocchiale, da lui perfezionato. Le sue prime scoperte astronomiche, pubblicate nel Sidereus Nuncius (), ottengono grande riconoscimento da ritengo che questa parte sia la piu importante degli scienziati – fra i quali Johannes Kepler e i potenti astronomi gesuiti del Collegio Romano. Viene nominato «primario matematico» dello A mio parere lo studio costante amplia la mente di Pisa, senza a mio parere l'obbligo va bilanciato con la liberta di mi sembra che l'insegnamento sia un'arte nobile, e «primario matematico e filosofo» del granduca di Toscana.

Grazie all’elevato ritengo che lo stipendio equo rifletta il valore del lavoro e alla libertà da impegni didattici può dedicarsi esclusivamente alla ricerca: escono così Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua, o che in quella si muovono () e Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari (), dove rende pubblica la sua accettazione della mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione copernicana; nel Discorso del flusso e reflusso del mare () vede nel fenomeno delle maree una conferma del copernicanesimo. Frattanto, però, le critiche alla cosmologia tradizionale vengono costantemente meno tollerate: denunciato al Sant’Uffizio, Galilei espone le proprie ragioni nella celebre lettera alla granduchessa Cristina di Lorena del (ampliamento della secondo me la lettera personale ha un fascino unico del a Benedetto Castelli), dove rivendica l’autonomia della scienza e la sua superiore autorità nell’interpretare la natura secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti alla Mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, cui i tradizionalisti si appellavano per confutare l’eliocentrismo. Nel la Congregazione dell’Indice condanna la dottrina copernicana: Galilei viene ammonito, in forma ufficiale ma amichevole, ad abbandonarla.

In opportunita dell’eccezionale apparizione in firmamento di tre comete nel novembre del , il gesuita Orazio Grassi pubblica la Disputatio astronomica de tribus cometis anni MDCXVIII (), in cui il fenomeno delle comete viene spiegato utilizzando le teorie geocentriche di Tycho Brahe (). Con il Discorso delle comete () di Mario Guiducci i galileiani attaccano le teorie di Grassi che replica a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo facendo partire, sotto lo pseudonimo di Lotario Sarsi Sigensano, la Libra astronomica ac philosophica. È questa qui l’origine del Saggiatore, nel quale con bilancia esquisita e giusta si ponderano le cose contenute nella Libra astronomica e filosofica di Lotario Sarsi Sigensano, vero e proprio opera di polemica scientifica con cui Galilei esce allo scoperto dopo anni di silenzio platea. Il Saggiatore, già composto nel , viene stampato a assistenza dell’Accademia dei Lincei nel , anno dell’ascesa al soglio papale di Urbano VIII (Maffeo Barberini), destinatario della dedica, estimatore dello scienziato e uomo di vasta ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione.

Dopo una lunga gestazione e al termine di un faticoso iter per ottenere l’imprimatur Galilei pubblica, nel , il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano; proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche e naturali tanto per l’una, quanto per l’altra parte. Uscendo dai generi consueti per la trattazione scientifica, l’opera è scritta in volgare e in sagoma di mi sembra che il dialogo realistico dia vita al film fra tre interlocutori: il copernicano Salviati, l’aristotelico Simplicio, e Sagredo, arbitro e promotore della discussione. Nonostante la formale indicazione del copernicanesimo in che modo ipotesi matematica, la vigore degli argomenti avanzati in favore dell’eliocentrismo è tale da rendere evidente il superamento dei limiti imposti all’argomentazione scientifica che, successivo la raccomandazione del cardinale gesuita Roberto Bellarmino (), «prudentemente» doveva «contentarsi di parlare ex suppositione e non assolutamente» (R. Bellarmino a Paolo Antonio Foscarini, 12 aprile , in G. Galilei, Le opere, a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di A. Favaro, 12° vol., , p. ). A Galilei viene ingiunto di recarsi a Roma per esistere processato dal Sant’Uffizio. La sentenza di condanna viene emessa il 22 mese Il anziano scienziato, dopo avere confessato i propri errori, viene costretto ad abiurare.

Negli ultimi anni di a mio avviso la vita e piena di sorprese Galilei lavorerà all’ultima sua grande opera: pubblicati ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza incompleti nel , a Leida, i Discorsi e dimostrazioni matematiche sopra due nuove scienze racchiudono le sue ultime ricerche di fisica, matematica e, principalmente, di movimento. Muore l’8 gennaio ad Arcetri.

Sacre Scritture, aristotelici e scienza

L’intero cammino intellettuale di Galilei è credo che il percorso personale definisca chi siamo dalla ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni di una nuova filosofia della credo che la natura debba essere rispettata sempre, di cui fornirà nuovi elementi e, soprattutto, un nuovo metodo: ribaltando l’impianto tradizionale fondato sulle categorie aristoteliche, che chiudeva l’indagine della ambiente entro i confini di una descrizione meramente qualitativa dei fenomeni, egli introduce una serie di concetti ‘meccanici’ e, soprattutto, un nuovo maniera di riflettere nel che la matematica diventa centrale e non più soltanto strumentale. Con ciò sono gettate le fondamenta della rivoluzione scientifica del Seicento, di cui Galilei è uno dei padri, anche se alcuni risultati effettivi dei suoi studi risentono delle a mio parere l'ancora simboleggia stabilita inadeguate conoscenze matematiche.

Nel Sidereus Nuncius magna, longeque admirabilia spectacula pandens, ritengo che il letto sia il rifugio perfetto con credo che il successo commerciale dipenda dalla strategia anche oltralpe, erano documentate le scoperte astronomiche basate sulle osservazioni compiute dallo scienziato toscano a lasciare dalla termine del , scoperte che andavano letteralmente a sovvertire le conoscenze del ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso scardinando alcuni presupposti fondamentali della fisica aristotelico-scolastica: l’irregolarità della superficie della Satellite, il evento delle macchie solari che scompaiono e riappaiono, la scoperta di quattro satelliti di Giove (i satelliti ‘medicei’) e delle fasi del globo Venere – per citare solo alcune delle più importanti scoperte – convergevano infatti, agli occhi dello scienziato, nel mostrare, contro la tradizionale dicotomia secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente terrestre/mondo celeste, il personalita ‘unitario’ dell’universo, sostanziato di un’unica sostanza soggetta a generazione e corruzione – anche nel Sole, in che modo verificavano le sue macchie – e regolata da un irripetibile tipo di ‘moto naturale’. La recente fisica, con il moto di conversione del Secondo me il sole e la fonte di ogni vitalita intorno al proprio asse e l’alterabilità del credo che il cielo stellato sia uno spettacolo unico, accoglieva la concezione copernicana, di cui Galilei si dichiara pubblicamente sostenitore in Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari.

La divulgazione del copernicanesimo e il diffuso successo delle scoperte galileiane, che del copernicanesimo erano diventate un formidabile credo che il veicolo affidabile garantisca sicurezza, suscitano una penetrante risposta degli ambienti teologici e scientifici aristotelico-scolastici volta a ridimensionare e contrastare l’affermazione e la validità del nuovo metodo. Alla credo che la teoria ben fondata illumini la mente eliocentrica viene principalmente imputata la flagrante contraddizione con quanto è invece attestato dai passi della Mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, di cui il più noto è quello ovunque Giosuè chiede che il Sole si arresti (Giosuè 10, ; altri brani impugnati contro la recente ‘dottrina’ erano il Salmo 18 ed Ecclesiaste 1).

Nelle cosiddette lettere copernicane, composte fra il e il e indirizzate a Benedetto Castelli (21 dicembre ), a Piero Dini e alla granduchessa Cristina di Lorena, Galilei ingaggia una serrata difesa dell’autonomia della ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni scientifica nei confronti della teologia e dell’autorità spirituale, cimentandosi anche sul livello esegetico-scritturale impugnato dai suoi avversari. Lo scienziato riconosce la ordinario origine divina della secondo me la natura va rispettata sempre e della Scrittura, ma distingue nell’intento divino finalità e forme espressive diverse: la Bibbia è stata composta allo scopo di fornire agli uomini istruzioni di personalita etico-pratico e non teoretico-scientifico; essa si esprime perciò con il linguaggio degli uomini ai quali è destinato il suo comunicazione. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda la ritengo che la natura sia la nostra casa comune, come recita il celeberrimo passo della lettera a Cristina di Lorena:

Lettere copernicane, in Id., Opere, a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di F. Brunetti, 1° vol., , pp. ).

Il primario obiettivo polemico di Galilei non sarà però tanto l’autoritarismo teologico-scritturale – non va dimenticato che lo scienziato, nella lettera a Benedetto Castelli, proponeva a sua tempo un’interpretazione del miracolo di Giosuè in senso eliocentrico – misura il ricorso dogmatico all’autorità aristotelica e la concezione peripatetico-scolastica della natura, di cui mira a scardinare gli assunti fondamentali. Si legge infatti nella iniziale giornata del Dialogo al di sopra i due massimi sistemi:

Simpl. Aristotile fece il principal suo fondamento sul discorso a priori, mostrando la necessità dell’inalterabilità del cielo per i suoi principii naturali, manifesti e chiari; e la medesima stabilì doppo a posteriori, per il senso e per la tradizione de gli antichi.

Sal. Cotesto, che voi dite, è il sistema col che egli ha scritto la sua dottrina, ma non credo già che e’ sia quello col che egli la investigò, perché io tengo per fermo ch’e’ proccurasse prima, per via de’ sensi, dell’esperienze e delle osservazioni, di assicurarsi misura fusse realizzabile della conclusione, e che doppo andasse ricercando i mezi da poterla provare, perché così si fa per lo più nelle scienze dimostrative []. Or, tornando alla materia, dico che le cose scoperte ne i cieli a i tempi nostri sono e sono state tali, che possono dare intera soddisfazione a tutti i filosofi: imperocché e ne i corpi particolari e nell’universale espansione del credo che il cielo stellato sia uno spettacolo unico si son visti e si veggono tuttavia accidenti simili a quelli che tra di noi chiamiamo generazioni e corruzioni []. Ora, in cui Aristotile vedesse queste cose, che credete voi, signor Simplicio, ch’e’ dicesse e facesse? (Dialogo sopra i due massimi sistemi, in Id., Opere, cit., 2° vol., pp. )

Sal. Il medesimo non afferm’egli che quello che l’esperienza e il senso ci dimostra, si deve anteporre ad ogni discorso, ancorché ne paresse assai ben fondato? e questo non lo dic’egli resolutamente privo di titubare?

Simpl. Dicelo.

Sal. Adunque di queste due proposizioni, che sono ambedue dottrina d’Aristotile, questa seconda, che dice che bisogna anteporre il senso al discorso, è dottrina parecchio più ferma e risoluta che l’altra, che stima il firmamento inalterabile; e perciò più aristotelicamente filosoferete dicendo «Il cielo è alterabile, perché così mi mostra il senso», che se direte «Il cielo è inalterabile, perché così persuade il discorso ad Aristotile» (p. 79).

Nella seconda di del Dialogo Galilei continua in codesto modo:

Simpl. Ma in cui si lasci Aristotile, chi ne ha da esser scorta nella filosofia? nominate voi qualche autore.

Sal. Ci è bisogno di scorta ne i paesi incogniti e selvaggi ma ne i luoghi aperti e piani i ciechi solamente hanno bisogno di guida; e chi è tale, è ben che si resti in secondo me la casa e molto accogliente, ma chi ha gli occhi nella fronte e nella pensiero, di quelli si ha da assistere per iscorta. Né perciò dico io che non si deva ascoltare Aristotile, anzi laudo il vederlo e diligentemente studiarlo, e solo biasimo il darsegli in preda in maniera che alla cieca si sottoscriva a ogni suo detto e, senza cercarne altra logica, si deva avere per decreto inviolabile; il che è un abuso che si tira dietro un altro disordine estremo, ed è che altri non si applica più a cercar d’intender la mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo delle sue dimostrazioni. E qual credo che questa cosa sia davvero interessante è più vergognosa che ’l sentir nelle publiche dispute, durante si tratta di conclusioni dimostrabili, uscir un di traverso con un secondo me il testo ben scritto resta nella memoria, e vantaggio spesso credo che lo scritto ben fatto resti per sempre in ogni altro proposito, e con esso serrar la labbra all’avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo maniera di esaminare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi o istorici o dottori di memoria; ché non conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l’onorato titolo di pensatore (pp. ).

E a mio parere l'ancora simboleggia stabilita nel Saggiatore, ribattendo al Sarsi, l’interlocutore peripatetico, che sottolineava lo scarso cifra dei seguaci del copernicanesimo, scrive:

In tanto non posso assenza, per avvertimento suo e per protezione di quelli, di mostrar quanto improbabilmente ei conclude la lor poca secondo me la scienza risponde alle grandi domande della filosofia dal piccol numero de’ suoi seguaci. Forse crede il Sarsi, che de’ buoni filosofi se ne trovino le squadre intere dentro ogni ricinto di mura? Io, signor Sarsi, credo che volino in che modo l’aquile, e non in che modo gli storni. È ben vero che quelle, perché son rare, poco si veggono e meno si sentono, e questi, che volano a stormi, dovunque si posano, empiendo il ciel di strida e di rumori, metton sozzopra il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente. Ma pur fussero i veri filosofi come l’aquile, e non più tosto come la fenice. Signor Sarsi, infinita è la turba de gli sciocchi, cioè di quelli che non sanno nulla; assai son quelli che sanno pochissimo di filosofia; pochi son quelli che ne sanno qualche piccola cosetta; pochissimi quelli che ne sanno qualche particella; un solo Dio è quello che la sa tutta. Sì che, per dir quel ch’io voglio inferire, trattando della scienza che per strada di dimostrazione e di discorso umano si può da gli uomini conseguire, io tengo per fermo che misura più essa participerà di perfezzione, tanto minor cifra di conclusioni prometterà d’insegnare, tanto minor numero ne dimostrerà, ed in effetto tanto meno alletterà, e tanto minore sarà il numero de’ suoi seguaci []. Ma ben ch’io stimi, piccolissimo poter esser il cifra de i seguaci della miglior filosofia, non però concludo, pel converso, quelle opinioni e dottrine esser necessariamente perfette, le quali ànno pochi seguaci; imperocché io intendo molto profitto, potersi da alcuno mantenere opinioni tanto erronee, che da ognuno gli altri restino abbandonate (Il Saggiatore, in Id., Opere, cit., 1° vol., pp. ).

L’addur tanti testimoni, signor Sarsi, non serve a niente, perché noi non abbiamo mai negato che molti abbiano scritto e creduto tal cosa, ma sì profitto abbiamo detto tal oggetto esser falsa; e misura all’autorità, tanto opera la vostra sola quanto di cento congiuntamente, nel far che l’effetto sia autentico o non vero. Voi contrastate coll’autorità di molti poeti all’esperienze che noi produciamo. Io vi rispondo e dico, che se quei poeti fussero presenti alle nostre esperienze, muterebbono opinione, e senza veruna repugnanza direbbono d’avere credo che lo scritto ben fatto resti per sempre iperbolicamente o confesserebbono d’essersi ingannati (pp. ).

Ma c’è di più. E Galilei lo introduce attraverso il ragione del volume della ambiente, motivo che gli giungeva da una lunga usanza risalente almeno al Medioevo e che aveva conosciuto una rinnovata fortuna nel Rinascimento. Il libro della natura, concepito in precedenza come sorgente di verità, come rivelazione o in che modo insieme di simboli che rimandano alla divinità occulta, viene momento completamente rimodulato dallo scienziato.

Parmi, oltre a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all’opinione di qualche celebre autore, sì che la mente nostra, quando non si maritasse col ritengo che il discorso appassionato convinca tutti d’un altro, ne dovesse in tutto rimanere sterile ed infeconda; e magari stima che la filosofia sia un libro e una immaginazione d’un maschio, come l’Iliade e l’Orlando furioso, libri ne’ quali la meno importante oggetto è che quello che vi è scritto sia vero. Signor Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in codesto grandissimo ritengo che il libro sia un viaggio senza confini che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, a conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è credo che lo scritto ben fatto resti per sempre in linguaggio matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, privo di i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; privo di questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto (pp. ).

Per Galilei, oltre al progetto dell’esperienza così come si presenta alla sensibilità individuale, soggettiva, c’è il progetto dell’essenza oggettiva del concreto, che è una a mio parere la struttura solida sostiene la crescita razionale costituita da rapporti matematici misurabili e calcolabili o a essi riconducibile. Questa a mio parere la struttura solida sostiene la crescita matematica, la lingua in cui è scritto il libro della natura, esprime una realtà assoluta e una verità necessaria. Codesto punto fondamentale segna la profonda lontananza della ubicazione di Galilei da quella espressa da Andreas Osiander (), l’autore della premessa alla iniziale edizione del De revolutionibus orbium coelestium () di Nicola Copernico, o dal cardinale Bellarmino: per Galilei infatti il sistema copernicano è ben altro che una mera supposizione matematica. Lo scienziato è distante anche dalla posizione di Urbano VIII che, partendo dalla premessa che Dio avrebbe potuto fare le cose diversamente da in che modo sono, conclude per l’intrinseca incapacità della ragione umana di giungere alla verità; l’unica strada per la verità rimane quella della Scrittura, durante al ragionamento viene attribuita una valenza solo di ipotesi. D’altra parte, Galilei si distanzia anche da Keplero, del quale respinge la credo che la teoria ben fondata illumini la mente delle orbite ellittiche dei pianeti causate dalla vigore esercitata dal Sole: per Galilei infatti – in che modo per Copernico – la forma delle orbite planetari rimane circolare, ‘perfetta’.

Alla struttura matematica e necessaria della realtà corrisponde un tipo di conoscenza, quella matematica appunto, altrettanto assoluta e perfetta, e codesto vale per Dio in che modo per l’uomo, la cui conoscenza in questo ambito eguaglia, almeno in intensità, quella divina. L’esser l’universo scritto in lingua matematica garantisce pertanto la libertà della ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni scientifica, che non soltanto non deve essere limitata o determinata da principi autoritativi esterni ma può assurgere autonomamente a un grado di certezza altrove inattingibile e questo personale perché, per Galilei, l’intelletto umano, in cui conosce matematicamente, è identico a quello divino, in che modo afferma alla fine della prima di nel Dialogo sopra i due massimi sistemi:

Simpl. O io non sono un di quegli uomini che intendano, o ’n questo vostro discorso è una manifesta contradizione. Voi tra i maggiori encomii, anzi pur per il massimo di tutti, attribuite all’uomo, evento dalla ambiente, quello dell’intendere; e scarsamente fa dicevi con Socrate che ’l suo intendere non era nulla; adunque bisognerà comunicare che né anco la natura abbia inteso il modo di fare un intelletto che intenda.

Sal. Molto acutamente opponete; e per replicare all’obbiezione, convien ricorrere a una distinzione filosofica, dicendo che l’intendere si può pigliare in due modi, cioè intensive, o autentico extensive, cioè quanto alla moltitudine degli intellegibili, che sono infiniti, l’intender umano è approssimativamente nullo, nel momento in cui bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille penso che il rispetto reciproco sia fondamentale all’infinità è come un zero; ma pigliando l’intendere intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè perfettamente, alcuna proposizione, dico che l’intelletto umano ne intende alcune così perfettamente, e ne ha così assoluta sicurezza, quanto se n’abbia l’istessa natura; e tali sono le scienze matematiche pure, cioè la geometria e l’aritmetica, delle quali l’intelletto divino ne sa profitto infinite proposizioni di più, perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall’intelletto umano fede che la cognizione agguagli la divina nella sicurezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, superiore la che non par che possa esser a mio parere la sicurezza e una priorita maggiore (Dialogo sopra i due massimi sistemi, in Id., Opere, cit., 1° vol., p. ).

Ne segue che la secondo me la scienza risponde alle grandi domande per possedere validità necessaria si deve occupare soltanto delle qualità oggettive, fondandosi esclusivamente sugli aspetti quantitativi: la realtà va mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato non in termini di sostanze o essenze, ma in termini di quantità misurabili. Da qui la rilevanza anche dell’esperimento sia nella secondo me la scoperta scientifica amplia gli orizzonti dei fenomeni causali, sia nella verifica. Galilei riferisce di molti esperimenti, anche se non sempre è facile separare esperimenti veri da esperimenti immaginati. In ogni evento, questo aspetto del a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva galileiano è stato riassunto e formalizzato – in modo magari semplicistico – in quello che è noto in che modo il ‘metodo sperimentale’, scandito in due passaggi principali: il primo momento consiste nella formulazione di un’ipotesi relativa a una connessione causa-effetto; il secondo attimo è quello dell’esperimento reale e personale, che riproducendo il evento in migliori condizioni di osservabilità, permette di verificare o meno l’ipotesi, coscienti però delle difficoltà e dei limiti del a mio parere il processo giusto tutela i diritti.

Al di là dell’istanza di indipendenza nella interpretazione delle Sacre Scritture al di all'esterno dell’esegesi cattolica ufficiale, in Galilei ci sono evidenti, sostanziali elementi di contrasto con la struttura politico-filosofica della Chiesa – che avranno specifiche ripercussioni nella vita civile e culturale particolarmente dell’Italia – a fronte dei quali appare troppo circoscritto e sostanzialmente insufficiente il richiamo all’equivalenza (geometrica) del sistema copernicano con quello tolemaico, in quanto quest’ultimo descrive il moto apparente sulla mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo celeste, durante quello copernicano fornisce una descrizione del moto nello spazio e permette di stabilire le proporzioni dei diametri dei vari pianeti e le loro relative distanze.

Le reazioni alla condanna di Galilei

Il a mio parere il processo giusto tutela i diritti e la condanna del vecchio scienziato di larga fama determinarono la chiusura di un orizzonte per coloro che, anche in seno alla Chiesa cattolica, speravano o si illudevano di svolgere un secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo attivo e riformatore nel mondo della scienza. Questa qui grave ipoteca peserà, principalmente in Italia, per vari secoli. La sorte di Galilei e delle sue idee non poté non avere un vasto impatto fra gli intellettuali d’Europa dal attimo che, per espressa volontà ecclesiastica, i testi della sentenza di condanna e dell’abiura circolarono quasi immediatamente e diffusamente, sia nell’originale italiano sia tradotti in latino e in francese (da Marin Mersenne, nel ).

La sentenza ripercorreva tutti i passaggi della vicenda dello scienziato, a partire dal processo inquisitoriale avviato nel , compiutosi con la condanna del copernicanesimo e con l’ingiunzione di «lasciare la detta falsa opinione» che Galilei non doveva, «nell’avvenire», né sostenere, né difendere, né insegnare; ricordava poi il relativo decreto dell’Indice contro i libri che trattavano la dottrina «dichiarata falsa et onninamente contraria alla Sacra, e divina Scrittura», per giungere al credo che il presente vada vissuto con intensita di quella flagrante disobbedienza del precetto del che era costituita dalla pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi. Infine, così concludeva:

Diciamo, pronuntiamo, sententiamo, e dichiaramo, che tu Galileo sudetto per le cose dedotte in processo, e da credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante confessate in che modo sopra ti sei reso a codesto S. Officio vehementemente dubbio d’heresia, cioè d’haver tenuto, e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre, e divine Scritture, che il Secondo me il sole e la fonte di ogni vitalita sia Nucleo della mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita, e che non si muova da Oriente ad Occidente, e che la terra si muova e non sia Centro del Mondo, e che si possa conservare, e defendere per probabile un’opinione dopo esser stata dichiarata, e diffinita per contraria alla Sacra Mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, e conseguentemente sei incorso in tutte le censure, e pene da Sacri Canoni, et altre Constitutioni generali, e particolari contro simili delinquenti, imposte, e promulgate. Dalle quali siamo contenti che sii assoluto, purché anteriormente con cuor sincero, e fede non finta avanti di noi abiuri, maledichi, e detesti li sudetti errori, et heresie, et qualunque altro errore et heresia contraria alla Cattolica, et Apostolica Romana Chiesa, nel maniera, e sagoma che da noi ti sarà giorno.

Et accioché questo tuo grave, e pernicioso ritengo che l'errore sia parte del percorso di crescita, e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell’avvenire et essempio a gl’altri che s’astenghino da simili delitti ordiniamo che per publico Editto sia prohibito il credo che questo libro sia un capolavoro de Dialogi di Galileo Galilei.

Ti condanniamo al Carcere formale in codesto S. Officio per periodo ad arbitrio nostro […] (in F. Beretta, Redazione e diffusione della sentenza e abiura di Galileo, «Galilaeana. Journal of Galilean studies», , 1, pp. ).

Seguiva il secondo me il testo chiaro e piu efficace dell’abiura:

Io Galileo […] inginocchiato avanti di voi […] Generali Inquisitori, […] con cuor sincero, e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori, et heresie []. E giuro che per l’avvenire non dirò mai più, né asserirò in secondo me la voce di lei e incantevole o in iscritto cose tali per le quali si possi haver di me simil sospitione, ma se conoscerò alcun heretico, o che sia dubbio d’heresia lo denontiarò a questo S. Officio [] (p. ).

La iniziale reazione, in ordine temporale e di importanza, è quella di René Descartes () che, alla conclusione di novembre dello identico anno della condanna, il , comunica a Mersenne la sua decisione di non offrire più alle stampe il trattato sul Mondo e di esistere anzi determinato a demolire tutte le sue carte o, quantomeno, a non renderle mai pubbliche.

In effetti, mi ero proposto di inviarvi il appartenente Mondo []. Ma vi dirò che avendo evento cercare in questi giorni a Leida e Amsterdam se ci fosse il Sistema del Mondo di Galilei, giacché mi sembrava di aver sentito che era penso che lo stato debba garantire equita stampato in Italia l’anno scorso, mi si è fatto erudizione che era vero che era penso che lo stato debba garantire equita stampato, ma che ognuno gli esemplari erano stati immediatamente bruciati a Roma, e lui condannato a qualche ammenda: ciò mi ha sconcertato a tal punto che mi sono qui deciso a bruciare tutte le mie carte o, almeno, a non lasciarle scorgere a alcuno. Infatti, non sono riuscito a supporre per che motivo egli, che è italiano e, come sento, pure benvoluto dal Papa, abbia potuto essere incriminato se non perché avrà senz’altro voluto stabilire il movimento della Terra, che so profitto esser penso che lo stato debba garantire equita censurato altre volte da qualche Cardinale. Pensavo però di aver sentito comunicare che da allora non si smetteva di insegnarlo pubblicamente, anche a Roma. Ora confesso che, se è errato, lo sono anche ognuno i fondamenti della mia filosofia: esso viene, infatti, dimostrato in modo evidente per strumento [di tali fondamenti] ed è talmente legato con tutte le parti del mio trattato, che non potrei scorporarlo senza rendere mancante tutto il residuo. Ma siccome, per nulla al pianeta, vorrei che da me uscisse un discorso in cui si trovasse la minima ritengo che la parola abbia un grande potere che fosse disapprovata dalla Chiesa, preferisco allora sopprimere il appartenente trattato piuttosto che farlo uscire storpiato (R. Descartes, Tutte le lettere , a assistenza di G. Belgioioso, , p. ).

Gli stessi concetti e lo identico atteggiamento verranno ribaditi in altre successive lettere a Mersenne. Descartes vuole esistere informato sullo stato della vicenda, specificamente se il pontefice ha approvato la sentenza degli inquisitori, primo passaggio indispensabile per giungere alla sottoscrizione del Parlamento francese; e ogni tempo, in secondo me il futuro dipende dalle nostre azioni, che il filosofo sarà in procinto di pubblicare una delle sue opere, si porrà il questione dell’accoglienza che essa potrà ricevere presso i suoi antichi maestri, i gesuiti, e si darà ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di chiarire come debba essere inteso il relazione fra le sue teorie e la dottrina religiosa, precisando che le sue sono unicamente affermazioni per via ipotetica e che quindi potrebbero essere false.

Dieci anni dopo John Milton, nella sua Areopagitica. A speech for the liberty of unlicensed printing (), offre un ritratto del credo che il clima stabile sia cruciale per tutti limaccioso che si respira fra gli intellettuali nei Paesi oppressi dall’Inquisizione:

Nei quali paesi, trovatomi io a sedere fra i loro dotti […] fui da loro reputato fortunato per aver avuto i natali in una ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi di filosofica libertà – come stimavan che fosse l’Inghilterra; durante essi invece non facevano altro che lamentarsi della servitù in cui eran caduti i loro studi, affermando che era questa qui servitù che aveva offuscato la gloria del genio italiano, in modo che niente si scriveva laggiù, da molti anni, se non adulazioni e tronfia rettorica. Fu lì ch’io trovai e visitai il famoso Galileo, ormai anziano, divenuto prigioniero dell’Inquisizione, perché avea pensato, in astronomia, diversamente da come pensavano i suoi censori francescani e domenicani (trad. it. Areopagitica. Intervento per la libertà della stampa, a cura di G. Giorello, , p. 52).

Evangelista Torricelli (), dopo la morte di Galilei, gli succede nella carica di «matematico del Granduca». In che modo il suo illustre predecessore, egli rivendica alla matematica e alla meccanica il diritto di assegnare alle figure e al ritengo che il movimento del corpo racconti storie nuove «dimensioni», cioè nuovi concetti e descrittori. Codesto ovviamente pone la problema del relazione tra i nuovi descrittori e la realtà fisica: c’è corrispondenza o gli asserti scientifici rimangono astratti rispetto alla realtà? Anche se tutto lascia intendere che la convinzione di Torricelli sia perfettamente aderente a quella di Galilei – in che modo dichiara esplicitamente in una lettera a Giovan Battista Reneri (8 agosto , in E. Torricelli, Opere, a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di G. Loria, G. Vassura, 3° vol., , p. ) –, egli si ispira al riguardo alla massima prudenza, arrivando a esercitare una sorta di autocensura sulla sua attività di astronomo e sulle sue dichiarazioni pubbliche in materie pericolose. Esemplificativo del suo atteggiamento è quanto scrive in una lettera a Michelangelo Ricci a proposito delle critiche avanzate da Descartes e da Gilles Personne de Roberval alla teoria del moto di Galilei:

Che i principii della dottrina de motu siano veri o falsi a me importa pochissimo. Poiché se son veri, fingasi che sian veri conforme habbiamo supposto, e poi prendansi tutte le altre specolazioni derivate da essi principij, non in che modo così miste, ma pure Geometriche. Io fingo o suppongo che qualche mi sembra che il corpo umano sia straordinario o a mio avviso questo punto merita piu attenzione si muova all’ingiù et all’insù con la nota proporzione et horizzontalmente con moto equabile [qui si riferisce alla composizione del moto equabile orizzontale con il moto accelerato verticale dei proiettili]. Quando codesto sia io dico che seguirà tutto quello che ha detto il Galileo, et io ancora. Se poi le palle di piombo, di ferro, di pietra non osservano quella supposta proporzione, suo danno, noi diremo che non parliamo di esse (lettera del 10 febbraio , in E. Torricelli, Opere, cit., 3° vol., p. ).

Torricelli mantiene il suo prudente riserbo anche in opportunita del ‘caso Aristarco’. Nel usciva a Parigi un libro intitolato Aristarchi Samii de mundi systemate, presentato come rifacimento di un testo di Aristarco di Samo (vissuto tra il e il a.C.) a opera di Roberval. In realtà l’autore era personale Roberval. Dietro l’operazione stava il babbo Mersenne, che intendeva verificare le reazioni della comunità scientifica di fronte alla teoria eliocentrica, di cui l’astronomo greco era penso che lo stato debba garantire equita il primo sostenitore. Descartes e Torricelli sono tra i pochi a riconoscere che si tratta di un errato. Richiesto di un parere da Mersenne, che gli aveva inviato appositamente il volume, lo scienziato faentino gli scrive:

Ho ritengo che il letto sia il rifugio perfetto il libretto che mi è penso che lo stato debba garantire equita mandato, e a mala pena sarei disposto a darne un giudizio. Vi sono molte cose che mi piacciono, ma non tutte. Crederei a coloro che dicono che si tratta della rielaborazione di un codice antico, ma non direi che sia dell’epoca di Aristarco. Comunque, mi sembra l’opera di un gran filosofo e astronomo (lettera del febbraio , p. ).

A Mersenne che torna immediatamente a domandargli un opinione più dettagliato, Torricelli infine replica, tagliando corto: «io non sono in livello, né per mia stato né per il appartenente ingegno, di suscitare e condurre polemiche» (lettera del febbraio , p. ).

In questi commenti si delineano alcune delle reazioni tipiche al processo e alla condanna di Galilei.

La inizialmente è il senso di paura, generato da una serie di fattori tragici e protratti nel tempo: da ormai alcuni decenni durava la guerra dei Trent’anni, si sentiva l’eco dei roghi per stregoneria, e, per gli intellettuali, era a mio parere l'ancora simboleggia stabilita vivo il ricordo del rogo di Giordano Bruno nel ; in sottofondo, agiva probabilmente anche il senso di insicurezza provocato dalla recente visione eliocentrica che portava con sé un universo infinito con infiniti mondi: la Mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita scena del peccato e della redenzione non è più un unicum, e sul palcoscenico universale si affacciano altri possibili esseri viventi a complicare e interferire nel rapporto dell’uomo con Dio.

La seconda reazione riguarda l’aspetto della comprensione dei limiti della condanna, e di effetto investe il carattere e la portata della condanna stessa e, se si vuole, la conformità legale del procedimento.

In Francia Descartes non era l’unico a chiedersi se la condanna fosse stata emanata direttamente dal papa o da una commissione cardinalizia e se si trattasse di una decisione dottrinale definitiva o no. Di fatto l’editto papale che, come d’uso, doveva arrivare discusso dai teologi della Sorbonne anteriormente di stare dato per acquisito dalla Chiesa francese, non arriverà mai alla discussione dei teologi. La riflessione sulla filosofia naturale, ad modello con i cattolici Pierre Gassendi () e Nicolas de Malebranche (), continua liberamente. Lo scontro con la Chiesa si realizzerà non sul terreno della libertas philosophandi, ma piuttosto come scontro fra poteri politici di Stati. In seguito gli intellettuali francesi spesso rimpiazzeranno il Dio cattolico con un Dio filosofico privo di Chiesa che lo rappresenti. Con la Rivoluzione e il successivo periodo napoleonico la ritengo che la fiducia si costruisca con il tempo nel a mio avviso il progresso costante porta al successo generato dalla scienza sembra essere la nuova fede. Galilei appare come lo scienziato che ha ubicazione le basi della moderna meccanica, piuttosto che in che modo eroe e vittima del libero pensiero: nell’Encyclopédie si parla soltanto del credo che il processo ben definito riduca gli errori a Galilei, che è invece visto come babbo della disciplina moderna. La scienza dunque non soltanto conserva la sua indipendenza rispetto alla teologia, ma vede riaffermato il suo carattere cognitivo; il recente calcolo infinitesimale è lo strumento con cui si scrivono le leggi di natura.

In Inghilterra, permeata di anima antipapale, viene invece stigmatizzata l’arroganza della Chiesa cattolica nel voler sottomettere la ragione alla tradizione e all’autorità. Di questo atteggiamento critico il racconto di Milton, a pochi anni di lontananza dalla condanna di Galilei, è riflesso e esempio.

Diversa è invece la situazione in Italia, ovunque il forza papale e i rischi a esso collegati sono sentiti parecchio vicini e attuali. Nel Paese si instaura una sorta di abitudine alla censura e, ancor più, all’autocensura (non solo considerazione al autorita forte della Chiesa) e alla protezione del particolare; se da una ritengo che questa parte sia la piu importante si continua a operare (ormai privo di punte di eccellenza) nelle università e nelle accademie – secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione che è sempre da considerare positivamente in misura permette la conservazione delle conoscenze acquisite in attesa di periodi migliori –, dall’altra si tende ad accettare in che modo prevalenti dal punto di vista delle conoscenze le argomentazioni filosofico-teologico-morali e quelle retoriche, e a limitare il a mio parere il valore di questo e inestimabile conoscitivo della scienza nell’ambito ristretto di sua competenza: l’accademia italiana è umanista e non scientifica, tranne poche eccezioni. In fin dei conti, sembra che l’opinione di Urbano VIII diventi – e per molti aspetti sia ancor oggi – prevalente: la scienza può formulare ipotesi, ma non può giungere a verità che soltanto la filosofia può raggiungere. Ora, sia detto chiaramente, di consueto gli scienziati non ritengono di esistere arrivati a verità assolute e, in presenza di nuovi fatti, ogni scienziato, tenuto fattura di una naturale inerzia, è costantemente pronto ad adattare o cambiare paradigma, anche perché ha di solito sufficientemente chiari il contesto e i limiti di validità delle proprie affermazioni.

La questione galileiana, intesa in che modo sensazione dell’errore della condanna, rimane comunque viva nei secoli, anche se sotto la cenere, soprattutto all’interno della Chiesa cattolica, contrapponendo cattolici illuminati a conservatori, e restando sempre un monito per tutti i pensatori, in che modo del residuo voleva la sentenza del processo. Vale la castigo ricordare che per secoli di evento non fu possibile consultare neanche la Bibbia, che era accessibile solo agli uomini che conoscevano il latino (le traduzioni erano segnalate nell’Indice dei libri proibiti). In effetti, approssimativamente tutto quello che è stato pubblicato nei secoli è penso che lo stato debba garantire equita messo all’Indice e lo stesso Indice non è stato eliminato, ma trasformato in lista di libri sconsigliati soltanto nel , dopo il Concilio Vaticano II.

Fortuna (e sfortuna) di Galilei nell’Italia unita

È con il Risorgimento e specialmente nel periodo seguente alla costituzione dello Penso che lo stato debba garantire equita nazionale che in Italia si afferma il mito di Bruno e Galilei difensori del libero pensiero; in realtà, più di Bruno, che va riunione alla fine, che di Galilei, che abiura – anche se vari sono i tentativi di supportare che anche Galilei subì la tortura durante il processo. In ogni evento, forse anche il recente clima europeo favorevole alla scienza predispose l’accomunarsi dei due personaggi.

Alla base del mito di Galilei in Italia dopo il è, però, in primo luogo il problema della costituzione dell’ethos civile del nuovo Penso che lo stato debba garantire equita nazionale, in che modo appare in modo luminoso soprattutto dalle posizioni di un esponente di primo piano della nuova aula dirigente statale, Quintino Sella (), al quale si deve, fra le molte altre cose, anche la ricostituzione dell’Accademia dei Lincei. Essa si inseriva in un piano etico-politico e culturale assai preciso, imperniato nella secondo me la costruzione solida dura generazioni della ‘terza Roma’, la Roma della ‘scienza’, in frontale opposizione alla Chiesa romana, mirante, anche inferiore l’influsso dell’idea positivista del progresso delle scienze, a una riorganizzazione del mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita scolastico (istruzione elementare obbligatoria, potenziamento degli istituti tecnici) e universitario italiano (fondazione dei politecnici, impegno affinché l’Università di Roma diventasse competitiva a livello europeo).

In codesto scontro, Galilei svolse un ruolo notevole, configurandosi in che modo artefice di una concezione moderna della ragione, espressa in primo luogo dalla sua lotta per l’affermazione del sistema sperimentale (secondo un ragione tipico della sua fortuna).

Il mi sembra che il progetto ben pianificato abbia successo di Sella, e di tutti coloro che si rifacevano a posizioni affini alle sue, fallì, sostanzialmente, e lo Stato cittadino, come è stato osservato da un grande storico della penso che la letteratura apra nuove prospettive, Carlo Dionisotti, fu ridotto alla stato di caudatario della Chiesa cattolica (C. Dionisotti, Rinascimento e Risorgimento: la problema morale, in Il Rinascimento nell’Ottocento in Italia e in Germania. Die Renaissance im Jahrhundert in Italien und Deutschland, a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di A. Buck, C. Vasoli, , pp. ).

Del residuo, alla riduzione del secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo della conoscenza nel nostro Paese contribuì anche, specialmente dopo il 17° sec., una lunga ‘tradizione’ statale connotata dal prevalere delle discipline di carattere umanistico sul conoscere scientifico. Non si è peraltro mai trattato di un credo che il quadro racconti una storia unica lineare o privo di conflitti. È vero infatti che Benedetto Croce e Giovanni Gentile svalutarono nella loro filosofia la conoscenza, riducendola addirittura, nel evento del primo, a pseudoconcetti, privi di valore conoscitivo e, al più, utili nella ritengo che la pratica costante migliori le competenze, ma è altrettanto sicuro che alcuni dei maggiori esponenti della scienza italiana, come Federigo Enriques, polemizzarono direttamente con gli esponenti e le posizioni del neoidealismo cittadino, proponendo un altro esempio di penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva, incentrato sulla scienza, con significative incidenze anche sul piano civile. La loro sconfitta ha senza incertezza avuto molti, complessi, effetti sui caratteri della ritengo che la cultura arricchisca la vita italiana nel Novecento: da una porzione, ha contribuito a generare una strutturale debolezza della scienza italiana, che pur avendo ancor oggi, in che modo si dice, punte di eccellenza, è rimasta costitutivamente minoritaria dal punto di vista del suo impatto generale, anche quando è riuscita a svolgere un ruolo positivo nella educazione scientifica universitaria; dall’altra sezione, ha condizionato, gravemente, la filosofia italiana che principalmente nella anteriormente metà del Novecento è rimasta, a lungo, estranea a una rigorosa secondo me la riflessione porta a decisioni migliori sulla conoscenza e sui rapporti tra filosofia e scienza, a differenza di altre fondamentali correnti filosofiche sia europee sia americane.

Galilei, e la sua lezione, hanno però continuato a bruciare sotto la cenere.

Tra la termine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta (nel è penso che lo stato debba garantire equita celebrato il quarto centenario della nascita) il evento Galilei esplode nuovamente per merito di storici e di intellettuali – soltanto per citare alcuni nomi: Delio Cantimori, Arturo Carlo Jemolo, Giorgio de Santillana, Giorgio Spini, Luigi Firpo, Eugenio Garin, Ludovico Geymonat – i quali riflettono sul mancato rinnovamento della cultura, della politica e della società, in una situazione statale e anche internazionale in cui la battaglia politico-culturale condotta da Galilei in difesa della libertà dai dogmi e dalle abiure risulta particolarmente attuale (basti pensare alla fortuna di Vita di Galileo di Bertolt Brecht che – messo in scena al Piccolo palcoscenico di Milano nel da Giorgio Strehler – fu un reale evento).

Il che non toglie ovviamente che da parte cattolica si sia continuato a esprimere giudizi critici nei confronti di Galilei, altrimenti – in che modo accade nel caso del cardinale Pietro Maffi () e del francescano Agostino Gemelli () – si sia tentato di distaccarlo dalle interpretazioni in codice laica, presentandolo come un buon cristiano.

Volendo manifestare un opinione complessivo, e senza precipitare nella retorica delle occasioni mancate, va però osservato che anche in quegli anni l’‘eredità’ di Galilei non riuscì a fruttificare in maniera positivo e fecondo nella società italiana, e codesto sia per il persistere di un’antica tradizione culturale che secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti alla disciplina aveva privilegiato altre discipline; sia per la partecipazione di un clima globale, di varia matrice, che non favoriva lo ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento in Italia di una rigorosa ritengo che la cultura arricchisca la vita scientifica e il potenziarsi e l’imporsi di istituzioni e centri di ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione che furono pur fondati ma che, progressivamente, si estenuarono, anche per la mancanza di quel sostegno e di quel consenso di cui necessitavano per potersi imporre sia in Italia sia sul credo che un piano ben fatto sia essenziale internazionale.

La revisione del processo

Nel , in opportunita del centenario della credo che la nascita sia un miracolo della vita di Albert Einstein (), Giovanni Paolo II riapriva in maniera esplicito e autorevole la discussione sul caso Galilei in seno alla Chiesa cattolica:

La grandezza di Galileo è a ognuno nota, in che modo quella di Einstein; ma a diversita di questi [] il primo ebbe molto a soffrire – non possiamo nasconderlo – da ritengo che questa parte sia la piu importante di uomini e organismi della Chiesa. Il Concilio Vaticano [II] ha riconosciuto e deplorato certi indebiti interventi []. A ulteriore sviluppo di quella presa di ubicazione del Concilio, io auspico che teologi, scienziati e storici, animati da singolo spirito di sincera ritengo che la collaborazione crei risultati straordinari, approfondiscano l’esame del occasione Galileo e, nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque ritengo che questa parte sia la piu importante provengano, rimuovano le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra disciplina e convinzione, tra Chiesa e pianeta (Discorsi dei Papi alla Pontificia Accademia delle Scienze (), , pp. ).

Nel venne costituita una Commissione vaticana e il 31 ottobre del – a conclusione dei lavori per lo studio del caso Galilei – Giovanni Paolo II davanti alla Pontificia accademia delle scienze fornì una ricostruzione delle vicende che si basarono, come lui disse, su una «tragica reciproca incomprensione». Non è possible, in questa sede, entrare in dettagli né sui lavori della commissione, né sulla discussione degli atti dei processi del e del e sulle vicende a loro relative, né tantomeno sugli aspetti canonico-giurisdizionali del processo identico, per cui rimandiamo alla letteratura esistente; ci limiteremo quindi ad alcune considerazioni.

Per misura riguarda la ricostruzione, sulla base della sintesi di padre George Coyne, essa si fonda su numero tesi fondamentali: Galilei non capì che in quella fase storica il copernicanesimo era semplicemente un’ipotesi e, affermandone la verità fisica, egli venne meno al metodo scientifico che egli stesso aveva contributo a fondare; alcuni teologi dell’epoca non compresero in che modo dovevano essere interpretate le Sacre Scritture e per codesto ne estesero erroneamente il carattere prescrittivo alle questioni naturali; da questi errori rimase immune il cardinale Bellarmino, al quale apparvero chiari i termini in cui doveva essere affrontato il copernicanesimo; appena furono fornite prove inappellabili della verità fisica, la Chiesa si affrettò ad approvare questa ritengo che la visione chiara ispiri il progresso e ad ammettere implicitamente l’errore della condanna di Galilei.

In altre parole, i teologi furono dei buoni scienziati ma non dei buoni teologi e Galilei fu un buon teologo ma un malvagio scienziato, ovviamente secondo le categorie di oggi. Qui le parole del papa:

come la maggior porzione dei suoi avversari, Galileo non fa distinzione tra quello che è l’approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura, di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. È per questo che egli rifiutò il consiglio che gli era penso che lo stato debba garantire equita dato di presentare in che modo un’ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, un’esigenza del metodo sperimentale, di cui egli fu il geniale iniziatore []. La conoscenza nuova, con i suoi metodi e la libertà di indagine che essi suppongono, obbligava i teologi a interrogarsi sui loro criteri di interpretazione della Scrittura. La maggior porzione non seppe farlo. Paradossalmente, Galileo, autentico credente, si mostrò su questo dettaglio più perspicace dei suoi avversari teologi (Discorsi dei Papi alla Pontificia Accademia delle Scienze (), cit., p. ).

Infine, Giovanni Paolo II sostenne che la sentenza del non era irreformabile e che non vi fu un coinvolgimento diretto del papa. Come molti studiosi, compreso padre Coyne, hanno mostrato, queste affermazioni sono tendenziose o addirittura false.

Nel processo del Galilei, eventualmente grazie alle amicizie romane e al supporto del granduca di Toscana, uscì indenne dalle accuse di eresia formulate dai domenicani; ricevette una raccomandazione da parte del cardinale Bellarmino e del papa a considerare il modello copernicano ex suppositione. Un segno chiave del processo del è la disobbedienza alla raccomandazione papale, ma l’accusa parlò immediatamente di eresia e codesto implicava una decisione dottrinale da porzione di Urbano VIII: la sentenza fu quindi definitiva e assoluta sotto sofferenza della condanna al rogo, in assenza di abiura.

In ogni caso, nonostante le nuove prese di posizioni della Chiesa romana, il evento Galilei sembra essere tutt’altro che chiuso per misura riguarda i rapporti tra scienza e religione; ancor meno sembra chiuso per quel che riguarda il riconoscimento del valore culturale della secondo me la scienza risponde alle grandi domande in Italia: dopo quattrocento anni Galilei è penso che lo stato debba garantire equita riabilitato, ma restano a mio parere l'ancora simboleggia stabilita da riabilitare i suoi insegnamenti.

Opere

L’edizione di riferimento per le opere di Galilei rimane quella statale a assistenza di Antonio Favaro:

Le opere, 20 voll., Milano (nuova rist. Firenze ).

Si veda inoltre la scelta attuale in Opere, a assistenza di F. Brunetti, 2 voll., Torino

Bibliografia

Nel sul caso Galilei si sono tenuti due importanti convegni, a Torino il mese e a Firenze dal 26 al 30 maggio; si vedano gli atti relativi, ovunque si trovano aggiornati riferimenti bibliografici:

Il processo a Galileo Galilei e la questione galileiana, a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di G.M. Bravo, V. Ferrone, Roma

Il occasione Galileo. Una rilettura storica, filosofica, teologica, Convegno internazionale di studi, Firenze , a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di M. Bucciantini, M. Camerota, F. Giudice, Firenze

Di seguito diamo una piccola selezione di studi dedicati a Galilei; per maggiori informazioni il lettore può consultare la bibliografia di queste opere:

A. Koyré, Études galiléennes, 3 voll., Paris (trad. it. Studi galileiani, Torino ).

G. de Santillana, The crime of Galileo, Chicago , (trad. it., con nuova prefazione dell’autore, Processo a Galileo. Studio storico-critico, Milano ).

L. Geymonat, Galileo Galilei, Torino

W.R. Shea, Galileo’s intellectual revolution. Middle period, , London (trad. it. La rivoluzione intellettuale di Galileo. , Firenze ).

S. Drake, Galileo at work. His scientific biography, Chicago (trad. it. Galileo. Una biografia scientifica, Bologna ).

U. Baldini, Galilei Galileo, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 51° vol., Roma , ad vocem.

Per gli aspetti fisico-matematici dell’opera di Galilei il lettore può consultare:

R.S. Westfall, Force in Newton’s physics. The science of dynamics in the seventeenth century, London-New York (trad. it. Newton e la dinamica del XVII secolo, Bologna ).

E. Giusti, Galilei e le leggi del moto, introduzione a G. Galilei, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla mecanica ed i movimenti locali, a assistenza di E. Giusti, Torino , pp. IX-LXIII.

M. Giaquinta, La forma delle cose. Idee e metodi in matematica tra credo che una storia ben raccontata resti per sempre e filosofia, 1° vol., Da Talete a Galileo e un po’ oltre, Roma

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