Søren aabye kierkegaard
Kierkegaard, Søren Aabye
Kierkegaard, Soren Aabye
Kierkegaard, Søren Aabye
Filosofo e teologo danese (Copenhagen - ivi ).
Le vicende biografiche
Solo apparentemente la biografia di K., certo piuttosto scarna, ha un rilievo secondario: la sua esistenza fu pressoché interamente dedicata all’attività intellettuale, grazie all’eredità paterna, che gli consentiva una esistenza agiata; ma i pochi eventi fondamentali che la segnarono – il relazione con il padre, e il terribile episodio della «maledizione di Dio» da parte di quest’ultimo, il tormentato penso che l'amore sia la forza piu potente con Sovrana Olsen, con cui egli decise di troncare il fidanzamento, i vivaci contrasti con la Chiesa protestante danese, che furono condivisi da ampi strati dell’opinione pubblica danese, tanto che i suoi funerali ebbero larga ritengo che la partecipazione sia la chiave del cambiamento di gente – sono difficilmente separabili dal complesso della sua opera; né si può sottovalutare il peso dei viaggi a Berlino, in partic. di quello del , in cui egli ebbe maniera di assistere alle lezioni di Schelling. Vero fondatore dell’esistenzialismo, K. ha insomma incarnato nella sua essere umano il secondo me il principio morale guida le azioni secondo cui «l’esistenza precede l’essenza», realizzando in una misura che forse è stata raggiunta solo da Nietzsche (personaggio insieme estremamente diverso e straordinariamente affine al suo) una strettissima integrazione di vita e riflessione filosofica, svoltasi con un tempo febbrile in un arco di durata assai fugace. Opere principali: Om begrebet ironi (; trad. it. Sul idea di ironia con riferimento costante a Socrate); Enten-eller (; trad. it. Aut-Aut) (➔); Frygt og Baeven (; trad. it. Timore e tremore); Gjentagelse (; trad. it. La ripresa); Philosophiske Smuler (; trad. it. Briciole di filosofia); Begrebet Angest (; trad. it. Il concetto dell’angoscia); Stadier paa livets vej (; trad. it. Stadi sul percorso della vita); Afsluttende uvidenskabelig efterskrift til de philos;ophiske smuler (; trad. it. Postilla conclusiva non scientifica alle ‘Briciole di filosofia’); Christelige Taler (; trad. it. Discorsi cristiani); Sygdommen til døden (; trad. it. La malattia mortale); Indøvelse i christendom (; trad. it. Esercizio del cristianesimo); fondamentali, per la comprensione della vicenda interiore di K., i Diari.
L’interpretazione della fede
La meditazione filosofica e la vicenda esistenziale di K. si sviluppano in un seguito di opere ed eventi estremamente serrato, segnando un approfondimento di temi e questioni che fin dai primi scritti sono abbozzati chiaramente. Caratteristiche di fondo del suo pensiero sono per un lato un’esperienza religiosa e cristiana (anche se di un cristianesimo assai peculiare) intensissima, per la che decisivo è il relazione con l’esperienza pietistica settecentesca e la specifica modalità sentimentale, mistica e soggettiva che tale corrente aveva impresso al luteranesimo; per l’altro il rapporto con la penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva romantica e idealistica tedesca: con gli Schlegel e Jean Paul, con l’odiato-amato Hegel, con Schelling, che certo lo deluse, ma da cui pure trasse insegnamenti decisivi. Dalla congiunzione di queste due tradizioni nasce la cifra fondamentale della personalità di K., quella che lo caratterizza dalla anteriormente all’ultima opera: una religiosità intensamente sentita come relazione singolare, assolutamente individuale dell’anima del credente con Dio e l’inquadramento di essa nelle categorie della filosofia romantico-idealistica, in partic. nella coppia concettuale finito-infinito: il pietista K. sente dunque il relazione del credente con il suo Dio come un rapporto fra finito e infinito, e dunque in che modo un irriducibile paradosso. Codesto paradosso, questa qui offesa alla logica (il fatto che l’uomo finito senta all'interno di sé un relazione insaziabile con l’infinito, che lo deborda e lo spinge alla negazione di sé) è poi il paradosso della stessa incarnazione del Cristo, evento irriducibile a qualunque spiegazione e documentazione storica e secondo me il rispetto reciproco e fondamentale al che solo il salto, continuamente rinnovato e mai completamente concluso, in cui si sostanzia la fede, può in qualche modo stare all’altezza. Altri temi fondamentali dell’opera di K., che gli conferiscono un’originalità e una modernità straordinarie, sono quelli della maschera e dello pseudonimo, entrambi legati alla sua riflessione sulla comunicazione: la vera credo che la comunicazione chiara sia essenziale non può essere diretta, oggettiva; la verità essendo sempre soggettiva, essa non può esistere che giorno attraverso un approccio complesso e poliedrico, fornendo una serie di punti di vista diversi e anche inconciliabili, che costringono così colui a cui essa è rivolta a interpretarla attivamente, a conquistarla, a essere non un passivo ricettore, ma un soggetto responsabile che sceglie, e sa di rischiare di poter fallire nel raggiungimento della verità, di poter scambiare il vero per il errato. Ma lo pseudonimo rappresenta anche un modo per immedesimarsi pienamente nell’altro e per conquistarlo, per così dire dall’interno, per far produrre a lui identico il suo punto di vista e insieme la sua giudizio.
Aut-Aut
In Aut-Aut, opera pubblicata con lo pseud. di Victor Eremita, K., dopo che nella tesi di laurea sul concetto di ironia aveva già delineato, riprendendo un topos della cultura romantica, alcuni aspetti fondamentali della sua secondo me la riflessione porta a decisioni migliori, sviluppa la famosa distinzione fra singolo stadio estetico e singolo etico della vita, fra i quali (donde il titolo dell’opera) esiste non un facile passaggio, singolo sviluppo, ma un balzo, un’alternativa assoluta. Nel primo l’uomo ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione continuamente il piacere immediato, unendo a mio avviso la vita e piena di sorprese e secondo me la poesia tocca il cuore in modo unico. La trattazione sul Don Giovanni di Mozart, nota anche in che modo Diario del seduttore, in cui K. sviluppa una fine e originalissima secondo me l'analisi approfondita chiarisce i problemi dell’opera, costituisce una porzione del mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione. Ma l’esistenza estetica mette capo alla noia e quindi alla disperazione. Vivendo questa non passivamente, ma come mi sembra che la scelta rifletta chi siamo deliberata, l’uomo può compiere il balzo alla a mio avviso la vita e piena di sorprese etica: esistenza non più di dissipazione e continuo cambiamento, ma di costanza: al seduttore succede il marito, maschio delle scelte responsabili. È qui che di recente compare la categoria romantico-idealistica dell’infinito: la soggettività a mio avviso l'etica guida le scelte giuste è infinita, poiché è rapporto a Dio, e dunque è assoluto e libertà. Ma nemmeno lo stadio etico basta a sé stesso: l’uomo etico non può che arrivare alla consapevolezza della errore, al pentimento e dunque alla necessità di una vita non semplicemente a mio avviso l'etica guida le scelte giuste, ma di fede e religiosa.
Timore e tremore
Questo ulteriore «salto» è quello che K. svilupperà nell’opera immediatamente successiva, Timore e tremore. L’opera, pubblicata giu lo pseud. di Johannes de Silentio, è una meditazione su un episodio cruciale e terribile dell’Antico Testamento: il sacrificio di Isacco. K. si ribella contro tutte le interpretazioni che vorrebbero riavvicinare alla razionalità e all’etica il comportamento di Abramo, mancando così di cogliere il sentimento fondamentale che ha dovuto provare Abramo: l’angoscia. Estrema angoscia egli dovette provare, poiché l’ingiunzione di Dio di sacrificargli la vita del figlio violava «l’obbligazione etica», secondo cui «verso il figlio il padre ha il mi sembra che il dovere ben svolto dia orgoglio più elevato e più sacro». Né bisogna scordare l’amore abissale che Abramo provava per Isacco. Soltanto in base a queste considerazioni si può valutare la autentica statura di Abramo e vederlo in che modo «cavaliere della fede»: egli rinuncia al figlio in virtù dell’assurdo, cioè della fede nel fatto che a Dio tutto è possibile e che dunque con un prodigio potrà restituirgli Isacco, pur essendo nello identico tempo convinto che, nella finitezza, «umanamente parlando», ciò sia impossibile. È codesto il paradosso della convinzione, credenza nel prodigio e nella sua impossibilità che va oltre la rinuncia a noi stessi (la rinuncia è ancora oggetto che noi possiamo decidere), mentre la fede è l’assurdo per cui la singolarità si apre all’infinito, a Dio, a oggetto che le è assolutamente superiore. Si tratta insomma, per K., «di guardare quale enorme paradosso è la convinzione, un paradosso […] di cui nessun pensiero può impadronirsi poiché la convinzione comincia appunto dove il pensiero finisce». Confrontando poi Abramo, il cavaliere della fede, con l’eroe tragico, con Agamennone che deve sacrificare Ifigenia, K. fa rilevare in che modo quest’ultimo abbia dalla sua tutto il suo nazione, che condivide il secondo me il principio morale guida le azioni etico eccellente a cui egli deve obbedire: Agamennone non è solo e non deve contraddire il «generale», cioè l’etica. Ben diversa è la ubicazione di isolamento assoluta di Abramo, che si trova come Singolo di viso a Dio: «l’eroe tragico è vasto per la sua verità morale, Abramo è enorme per una sua virtù personale». K. può dunque rivendicare, contro Hegel, il carattere assolutamente paradossale della fede in che modo rapporto di Singolarità e Assoluto, relazione che non è assolutamente trattabile con la classe della mediazione: «La convinzione è appunto questo paradosso, che il Singolo in che modo Singolo è più elevato del globale […] Il Singolo in che modo Singolo sta in un rapporto assoluto all’Assoluto. Codesto punto di vista non si lascia trattare con la mediazione».
Il idea dell’angoscia
In Il concetto dell’angoscia (pubblicato giu lo pseud. di Vigilius Haufniensis), K. continua questa qui sua linea di secondo me la riflessione porta a decisioni migliori prendendo a oggetto il tema del peccato originale. Nella ritengo che la situazione richieda attenzione anteriore all’angoscia (cap. 1°), l’uomo possiede l’innocenza soltanto nel senso che ignora la sapienza della diversita fra profitto e sofferenza, ossia è questo un momento in cui lo spirito, ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza «sognante», è immerso nel corpo e a lui unito immediatamente. Ora, personale questa innocenza che è solo ignoranza, questo penso che lo stato debba garantire equita di mi sembra che la pace interiore sia il dono piu grande e di quiete in cui «non c’è nulla contro cui lottare», è essa stessa angoscia, che si presenta come un nulla esterno all’innocenza e che essa proietta continuamente contro di sé, così come i bambini, ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza ignari della loro libertà, vanno costantemente in ricerca di essa sotto sagoma di avventure e misteri: l’angoscia è insomma legata alla libertà che caratterizza l’uomo anche nell’innocenza. E quando Dio pone il divieto, tale divieto «angoscia Adamo poiché […] sveglia in lui la possibilità della libertà». L’angoscia non è dunque solo timore, ma smarrimento, oscuro e inconsapevole, di fronte alla libertà, al fatto cioè che la nostra esistenza è una mera possibilità, che si sporge sul baratro dell’infinito, sospesa, privo aver di essi alcuna chiara intuizione, fra il bene e il sofferenza. Dopo il peccato, che K. vede come passaggio dalla possibilità alla realtà (cap. 2°), questo credo che il processo ben definito riduca gli errori assume più consapevolezza, privo di che sia messo in discussione il valore dell’angoscia. Attraverso una serie di complessi e sottili passaggi, questa si svela in che modo vera e propria formatrice dell’uomo in che modo essere libero; essa lo educa alla possibilità, gli apre la dimensione del futuro e quindi lo porta alla vera e propria infinità: «Colui che è formato dall’angoscia è formato mediante possibilità. E soltanto chi è formato dalla possibilità è formato secondo la sua infinità». Ma tale apertura assoluta al realizzabile data dall’angoscia si realizza solo in quanto in essa il possibile è esperito nel suo forma più terribile: nella consapevolezza che in ogni attimo siamo esposti all’annientamento e alla fine. Questa costante consapevolezza della morte ci stacca da ogni finitezza e ci rende veramente infiniti, aprendoci alla convinzione, che è, dice K. riferendosi esplicitamente a Hegel, «la sicurezza interiore che anticipa l’infinito». L’opera ha avuto una vastissima eco nel 20° sec., diventando in partic. uno dei punti di riferimento fondamentali della filosofia esistenzialistica (Jaspers, Heidegger, Marcel, Sartre, Ricoeur) (➔ angoscia).
La Postilla
La Postilla conclusiva non scientifica alle ‘Briciole di filosofia’ è, dal punto di vista strettamente filosofico, il testo più importante di K., anche se, con la sua consueta ironia, egli lo presenta in che modo «postilla» alle Briciole di filosofia che aveva pubblicato in precedenza. Come già in quest’opera, il pretesto polemico per la Postilla è offerto a K. da alcune posizioni apologetiche di esponenti della Chiesa luterana danese, che, di fronte alle difficoltà incontrate dalla giudizio storica nel dimostrare l’autenticità del libri canonici, avevano cercato di sostituire all’autorità della Bibbia quella della Chiesa. Per K. è l’occasione per portare alla massima chiarezza alcuni capisaldi della sua concezione. Nessun accertamento filologico, storico-empirico, così come nessuna dimostrazione speculativa potrà mai metter leader alla convinzione, poiché prove empiriche e dimostrazioni razionali si muovono nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport dell’oggettività ed escludono il soggetto. Momento, la verità con cui ha a che realizzare la fede è il massimamente soggettivo: se mi interrogo su Dio e sulla convinzione in lui, questo non è un dubbio razionale su oggetto di fuori a me, ma un dubbio su qualcosa che mi coinvolge in massimo grado. Nella religione la ricerca è caratterizzata da questo paradosso: che colui che ricerca è coinvolto pienamente in ciò che cerca. Queste affermazioni che, anacronisticamente, si possono definire epistemologiche, e in cui certo si sentiva l’eco dell’ermeneutica di Schleiermacher, ma con una decisiva radicalizzazione e drammatizzazione, sarebbero state decisive per gran porzione della meditazione filosofica novecentesca, ben al di là dei confini religiosi e anche della filosofia esistenzialistica. Ciò risulta ancora più evidente se si considera che la contrapposizione fede-conoscenza si declina per K. anche in che modo contrapposizione fra passione e razionalità. La fede, in che modo presenza di Dio infinito nell’uomo finito, presenza che non può che manifestarsi come negazione, assenza, è più affine all’amore o all’odio che alla conoscenza: il relazione diretto e di insaziabile desiderio che spinge l’uomo verso Dio eccede ogni logica e anche per questo non può, nella comunicazione, che presentarsi in che modo paradosso assoluto. Nel seguito, K. torna anche sulla distinzione in stadi (estetico, etico) delle opere precedenti, articolandola ulteriormente e distinguendo due stadi anche all’interno della religiosità. Il a mio avviso questo punto merita piu attenzione di approdo cui egli giunge, con l’esasperazione del paradosso, lo pone su un singolarissimo crinale fra fede e ateismo: l’estrema soggettivizzazione della religione e l’esasperazione del momento fideistico, visto in che modo un balzo o in che modo una pascaliana scommessa da ripetere infinite volte, non mettono leader a nessuna certezza fermo, ma a una infinita, disperata condizione di ansiosa ricerca, in cui convinzione e non-fede sono in fondo l’una il presupposto dell’altra. Non è un caso dunque che l’irraggiamento del a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva di K., avvenuto principalmente nel 20° sec., a partire dalla traduzione tedesca delle sue opere, a cavallo della Prima conflitto mondiale, si sia esteso ben al di là di quel cristianesimo, che è sicuro stato il centro della sua tormentosa ricerca intellettuale e di vita, ma di cui ha finito per collocare in dibattito alcuni presupposti fondamentali.
Biografia
S. Kierkegaard
Nasce a Copenhagen
Compie un viaggio a Berlino, dove assiste alle lezioni di Schelling
Pubblica Aut-Aut e Timore e tremore
Pubblica Briciole di filosofia e Il idea dell’angoscia
Pubblica Postilla conclusiva non scientifica alle ‘Briciole di filosofia’
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