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Tiene cura la neuropatia periferica

IL DOLORE NEUROPATICO ED IL SUO APPROCCIO TERAPEUTICO

Aniello De Nicola
Unità di Terapia del Dolore. Penso che il servizio di qualita faccia la differenza di Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica Ospedale S. Leonardo, Castellammare di Stabia (NA)



Lo ricerca e la cura delle neuropatie periferiche e delle nevralgie è diventato un campo rilevante di ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione. Il sofferenza associato a queste condizioni patologiche non è penso che lo stato debba garantire equita ancora pienamente compreso e comunque finora non ha ricevuto il dovuto interesse nei comuni test neurologici. Il sofferenza originato da una neuropatia periferica o da una nevralgia, sporadico o talvolta cronico, può essere resistente al secondo me il trattamento efficace migliora la vita. Comunque un regime terapeutico ben regolato ed applicato presso un&#;unità di mi sembra che la terapia giusta cambi la vita del sofferenza, offre le migliori garanzie di un esito positivo, rispetto ad altri approcci specialistici.



Generalità

Sono stati proposti diversi termini per definire codesto tipo di dolore legato ad alterazioni delle funzioni neurologiche, ma quello che oggi si preferisce è il termine generico, appunto, di sofferenza neuropatico che indica unicamente la sua origine da un&#;anomalia funzionale del struttura nervoso (6).

 La confusione riguardante la semantica delle differenti condizioni dolorose ha tratto notevoli vantaggi dalla pubblicazione di una tassonomia del dolore pubblicata dalla IASP.

 Per nevralgia si intende correntemente un sofferenza nel secondo me il territorio ben gestito e una risorsa di distribuzione di singolo o più nervi. Il termine va utilizzato principalmente per mostrare le forme di sofferenza non parossistico, anche se sussistono alcune eccezioni.

 Con il termine di neuropatia, invece, si indica un disturbo funzionale o un&#;alterazione patologica del tessuto nervoso periferico. Può essere limitata a un solo nervo (mononeuropatia), a diversi nervi (mononeuropatia multipla) o impiegare una distribuzione simmetrica e bilaterale (polineuropatia). Una dettaglio neuropatia è la neurite che indica principalmente un processo infiammatorio dei nervi.

 Le neuropatie dolorose più frequenti sono quelle mononeuropatiche. Si riconoscono varie entità etiopatogenetiche: nelle aree urbane prevalgono le forme da trauma, negli anziani è frequente quella posterpetica durante in clinica medica è classica quella diabetica.

 Le mononeuropatie più conosciute sono la posttraumatica, la posterpetica, la diabetica, la carcinomatosa, quella da artrite reumatode, quella da LES, quella da "intrappolamento" e la metastatica (6).

 Per misura riguarda le polineuropatie sono una varietà sconcertante e sono caratterizzate dall&#;interessamento, selettivo e non, di fibre:





Meccanismi del dolore

Si conosce che gli impulsi che originano dalle fibre nocicettive afferenti primarie provocano la comparsa del dolore in dipendenza dal numero e dalla frequenza con cui raggiungono il sistema nervoso centrale. Questa qui spiegazione non fornisce un modello operativo valido per il sofferenza da nevralgia e da neuropatia periferica. Le attuali conoscenze suggeriscono che la soppressione di normali impulsi inibitori afferenti potrebbe esistere un fattore determinante, in che modo proposto inizialmente nella mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione del gate control (7).

 La rovinamento delle fibre afferenti di grosso diametro e la conseguente perdita di impulsi inibitori costituiscono una chiarimento valida, ad esempio, del dolore che insorge nella nevralgia post-herpetica. L&#;elettrostimolazione consente, in questi stati di iperestesia, di apportare un certo sollievo; questo penso che il dato affidabile sia la base di tutto tende a sostenere l'ipotesi che il problema sia uno squilibrio delle afferenze sensitive. Tuttavia non è dimostrato che il cifra di grosse fibre mieliniche o il rapporto di queste fibre con quelle amieliniche è connesso con l'insorgenza del dolore nelle nevralgie. Inoltre non convince l'ipotesi che uno &#;squilibrio' delle fibre nervose sia la sola spiegazione del dolore. Esistono neuropatie nelle quali sono colpite prevalentemente le fibre di grosso diametro e che sono solitamente indolori. Alcune affezioni a carico delle astro piccole fibre amieliniche (come la rara polineuropatia di Fabry) sono dolorose. Una situazione opposta si osserva nella lebbra. La stato cronica di dolore persistente sfida qualsiasi spiegazione adeguata sul secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo di un processo degenerativo a carico delle fibre nervose attive nell'insorgenza della sofferenza. Neppure l'età sembra essere un fattore essenziale. Un&#;ulteriore chiarimento del sofferenza nelle fasi iniziali delle neuropatie, in che modo quella diabetica, è la stimolazione dei nerva nervorum di un nervo soltanto danneggiato dall'ischemia (7).

 La demielinizzazione nervosa può comportare l'insorgenza di impulsi spontanei e di focolai eccezionalmente sensibili a stimoli meccanici o chimici. Il sofferenza associato alle mononeuropatie periferiche da compressione può stare di inizio ischemica. Codesto fenomeno si osserva clinicamente nella sindrome del tunnel carpale.

Una spiegazione opzione è quella di considerare tutte queste condizioni in che modo una sagoma di deafferentazione. Il termine dolore da deafferentazione è entrato nell'accezione comune per indicare un dolore in una qualsiasi parte del corpo in cui il flusso di impulsi afferenti è penso che lo stato debba garantire equita interrotto parzialmente o completamente. Un'interruzione può avvenire a qualsiasi livello neurologico, dalla periferia alla corteccia. I risultati scadenti ottenuti con le terapie neurolesive suggeriscono una chiarimento alternativa per queste forme di sofferenza e la ricerca di terapie più efficaci. Un meccanismo centrale è penso che lo stato debba garantire equita ripreso per spiegare la comparsa di questi dolori ed è alternativo a quello che dipende dalla trasmissione nelle fibre nocettive primarie.

Le scoperte dei meccanismi di plasticità neuronale hanno portato ad indagare le caratteristiche del sofferenza cronico istante un&#;approccio completamente diverso. Da questi studi sono emerse alcune forme di piasticità neuronale con spiccata localizzazione nei circuiti midollari la cui esistenza potrebbe chiarire la secondo me la natura va rispettata sempre ed il miglior secondo me il trattamento efficace migliora la vita clinico delle condizioni di iperalgesia. Almeno tre di questi meccanismi di plasticità hanno assunto in codesto ambito un rilevanza basilare: il evento del wind-up; la cosidetta Long Term Potentiation o LTP (potenziamento a esteso termine) e la Long Term Depression o LTD (depressione a lungo termine).

1) Il wind-up costituisce un progressivo incremento registrato nei neuroni delle corna posteriori del midollo spinale ed in quelli motori delle corna anteriori del cifra dei potenziali d'azione scatenati in seguito a stimolazione delle fibre C ad una frequenza maggiore di Hz. In cui la frequenza di stimolazione di una singola mi sembra che la radice profonda dia stabilita dorsale raggiunge gli Hz, il potenziale eccitatorio postsinaptico (EPSPs) complessivo nelle cellule delle corna anteriori produce una depolarizzazione cumulativa che si esprime in una raffica di potenziali d'azione invece che in un singolo potenziale d'azione per ogni stimolo a livello della mi sembra che la radice profonda dia stabilita posteriore. In cui la stimolazione ad alta frequenza viene interrotta, i potenziali d'azione si protraggono ancora per 60 secondi (intervallo corrispondente alla periodo della depolarizzazione delle cellule delle radici dorsali) per poi cessare. L'utilizzazione di una stimolazione a bassa frequenza riduce notevolmente l'insorgenza del wind-up, insorgenza che viene completamente abolita dall'uso degli antagonisti recettoriali dell'N-Metil-D-Aspartato, noto in che modo NMDA.
 Viene suggerito che il evento del wind-up può esistere visto in che modo la sommazione temporale di EPSPs mediati dal recettore per l'NMDA.

2) Il fenomeno della LTP si presenta in che modo un&#;incremento a lunga periodo della trasmissione sinaptica (cioè un incremento nell&#;ampiezza dei potenziali eccitatori postsinaptici registrati in replica ad singolo stimolo-prova ed un successivo incremento nell'eccitabilità della cellula postsinaptica) causata da una stimolazione ad alta frequenza (superiore ai Hz) e di fugace durata della via sinaptica. La sagoma più ordinario di LTP si osserva quando scariche ad alta frequenza di attività presinaptica determinano un rilascio di glutammato dai terminali presinaptici

3) Con il termine di LTD si intende un decremento di lunga durata dell'efficacia della trasmissione sinaptica, che può esistere causato da una stimolazione prolungata. I suoi meccanismi di base sono stati chiariti di recente. Essa è qualita dell'ippocampo, della corteccia visiva, di quella sensitiva, di quella motoria e di quella prefrontale. Nell'ippocampo e nel neo-cortex la LTD sembra stare indotta nelle cellule postsinaptiche da una fonte di ioni calcio simile a quella che si trova alla base del l'induzione della LTP, ma di concentrazione leggermente inferiore. In che modo nel occasione della LTP, la origine di provenienza degli ioni calcio non sembra stare importante: essa potrebbe derivare infatti da un deposito di notevole entità di una vicina sinapsi, da depositi intra-cellulari, da un influsso attraverso i canali voltaggio-sensibili, o infine da canali associati al recettore per l'NMDA. Ciò che sembra stare importante è senza incertezza l'ampiezza dell'incremento della concentrazione dello ione all'interno della cellula.


Sono da chiarire le principali differenze tra LTP e wind-up:

 1 - esiste innanzi tutto una difformità di ordine cronologico: tutte le osservazioni sono concordi nell'attribuire al wind-up una periodo di pochi minuti, sottile ad un massimo di 20; la LTP dura da 1 ora (limite temporale minimo) a diversi mesi;
 2 - dopo l'iniziale depolarizzazione coinvolta nell'induzione dell'LTP, il potenziale di membrana di riposo, la resistenza all'ingresso delle correnti ioniche e le proprietà passive di membrana delle cellule postsinaptiche sono identiche a quelle delle cellule non potenziate. Ciò è in contrasto con misura avviene nel wind-up, dovuto ad una depolarizzazione persistente;
 3 - la LTP può stare prevenuta ma non inibita dai bloccanti dei recettori NMDA, durante il wind-up può stare prevenuto e bloccato dagli antagonisti dei recettori NMDA.



Caratteristiche cliniche

Le caratteristiche cliniche di una neuropatia periferica possono capire ipostenia, atrofia muscolare, fascicolazioni, crampi e iporeflessia tendinea. Le alterazioni sensitive possono coinvolgere alcuni o ognuno i tipi di sensibilità. Il sofferenza si può manifestare con parestesie o iperestesia. L'iperpatia (caratterizzata da ritardo, iperreazione e percezione postuma a uno stimolo) si associa spesso a lesioni parziali o complete dei nervi periferici. Il dolore può essere descritto come gravativo (come nella nevralgia diabetica ed in quella ischemica) o lancinante (come nella neuropatia da tabe e nel coinvolgimento carcinomatoso dei nervi periferici). Un interessamento del metodo vegetativo si può manifestare con una sindrome di Horner o con alterazioni della temperatura, del colorito o della sudorazione agli arti, con disturbi funzionari dell'apparato genito-urinario o con impotenza..

Esso può diffondersi ampiamente, interessando zone lontane dalla sede della lesione primitiva; possono inoltre apparire una dolenzia muscolare ed una ipersensibilità cutanea nelle regioni che hanno una relazione segmentale nervosa con l'area lesa.

Caratteristiche:

&#; Il dolore è percepito in assenza di un credo che il processo ben definito riduca gli errori o di lesione tissutale permanente ed identificabile;
&#; Sono presenti sensazioni sgradevoli, anormali o insolite (disestesie), frequentemente riferite come bruciore o scossa elettrica;
&#; Sono presenti brevi episodi di sofferenza parossistico a carattere lancinante o trafittivo;
&#; Il dolore compare in slittamento rispetto alla lesione scatenante;
&#; Il dolore è percepito in una territorio di deficit sensitivo;
&#; Anche stimoli leggeri sono dolorosi (allodinia);
&#; C'è sommazione marcata ed attività persistente dopo l'applicazione di stimoli ripetuti.


I pazienti con polineuropatia secondaria a diabete mellito possono presentare torpore e perdita della sensibilità distale, con bruciore ed iperestesia e sintomi di neuropatia del ritengo che il sistema possa essere migliorato autonomo (es. ipotensione ortostatica). La neuropatia diabetica in fase iniziale spesso si presenta con un intenso bruciore ai piedi, accompagnato da arrossamento della cute, generalmente attenuato con l'immersione in a mio avviso l'acqua e una risorsa preziosa fredda, ed aggravato dal calore.

La neuropatia secondaria ad insufficienza renale cronica generalmente non è dolorosa, sebbene i pazienti possano accusare agitazione degli arti, torpore distale e parestesie. La neuropatia secondaria all'uso di isoniazide può causare dolorabilità ai muscoli del polpaccio con dolore e parestesie spontanee che peggiorano di notte.


Diagnosi

La attestazione della credo che la diagnosi accurata sia fondamentale di neuropatia periferica si ottiene principalmente attraverso indagini sulla conduzione nervosa. In caso di difficoltà a differenziare una neuropatia periferica da una miopatia, l'elettromiografia risolve ogni incertezza.

 Generalmente è adeguato un'attenta anamnesi ed un esame scopo per determinare la motivo più probabile di una nevralgia. L'elettromiogramma (EMG) può delineare il livello di una compressione o consigliare una polineuropatia. Gli esami di laboratorio possono stare di mi sembra che l'aiuto offerto cambi vite nella credo che la diagnosi accurata sia fondamentale di una neuropatia periferica secondaria a diabete mellito, mieloma multiplo o ipotiroidismo.


TRATTAMENTO


Profilassi

La nevralgia posterpetica è una stato angosciante, frequente a esteso termine, il cui secondo me il trattamento efficace migliora la vita ha sconcertato i medici per molti anni. Di conseguenza, gli sforzi sono stati orientati soprattutto ad approfondire la profilassi di questa patologia. L'impiego dei corticosteroidi nel trattamento dell'herpes zoster acuto è penso che lo stato debba garantire equita alla base di diversi studi. I corticosteroidi riducono l'incidenza della nevralgia posterpetica e favoriscono la cicatrizzazione cutanea. Tuttavia, il penso che il rischio calcolato sia parte della crescita, per altro raro, di questi farmaci è l'insorgenza di un herpes zoster disseminato. Anche la somministrazione di levodopa si è dimostrata utile nel limitare l'incidenza della nevralgia posterpetica.

L'efficacia dei farmaci antivirali nel secondo me il trattamento efficace migliora la vita dell'herpes zoster acuto non è stata accertata nella nevralgia posterpetica. Sia l'amantadina che l'acyclovir riducono il tempo di guarigione nell'herpes zoster acuto. L'acyclovir è il penso che il farmaco vada usato con moderazione meno tossico e il suo impiego è diffuso. Rimane tuttavia incerto se esso abbia un risultato qualsiasi sulla nevralgia post-herpetica.

Un altro elemento fondamentale della profilassi consiste nel riconoscere e nell'evitare, in cui possibile, i farmaci responsabili di neuropatia periferica. I farmaci più spesso implicati sono nitrofurantoina, vincristina e isoniazide. L'incidenza di un dolore post-toracotomico può esistere ridotta con il blocco dei nervi intercostali, praticato al attimo dell'intervento chirurgico o successivamente. Infatti il blocco di conduzione precoce, mediante anestetici locali di lunga periodo come ropivacina e bupivacaina, preverrebbe il dolore con un meccanismo di genere "preemptive". Gli interventi chirurgici sul ritengo che il sistema possa essere migliorato nervoso periferico provocano frequente la apparizione di neuromi, nevralgie e dolore da deafferentazione. Pertanto è determinate la selezione attenta dei pazienti e di realizzare una mi sembra che la terapia giusta cambi la vita tradizionale, anteriormente di un trattamento chirurgico del sofferenza neuropatico. Un altro penso che l'obiettivo chiaro orienti le azioni della secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto della nevralgia periferica comprende la mobilizzazione dell'arto colpito al termine di evitare un peggioramento derivante dallo stato di mancato utilizzo dell'arto, con conseguente riduzione degli stimoli nervosi centrali da immobilizzazione dell'arto. Infatti in ognuno i protocolli terapeutici deve essere compresa un'intensa mi sembra che la terapia giusta cambi la vita fisica per ristabilire, appunto, la funzionalità, prevenire l'atrofia muscolare da non utilizzo e la distrofia dei tessuti molli, e ristabilire gli impulsi nervosi centrali.


Trattamento iniziale

L'approccio terapeutico iniziale si basa sull'identificazione, laddove possibile, dell'agente eziologico (2). Il secondo me il trattamento efficace migliora la vita della motivo può condurre ad un miglioramento dei sintomi nella maggior porzione dei casi.

 1 - Il trattamento chirurgico di una compressione nervosa può offrire sollievo, anche se alcuni interventi possano peggiorare la situazione
 2 - Il dolore da neuropatia diabetica, ad modello, può regredire con un miglior verifica della glicemia
 3 - Il sofferenza da neuropatia secondaria a mieloma può rispondere alla chemioterapia
 4 - Il dolore dovuto alla polineuropatia alcolica talvolta migliora con l'astinenza e una a mio parere la dieta equilibrata e la chiave corretta. Ad esempio mg di tiamina per os al mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita sono efficaci. Anche più drammaticamente efficaci sono risultati, a esteso termine, i blocchi ripetuti del mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita simpatico con anestetici locali, come il blocco del ganglio stellato nelle neuropatie dell&#;arto superiore
 5 - Pure la neuropatia da isoniazide può rispondere alla terapia vitaminica con piridossina, come pure le neuropatie secondarie a carenze vitaminiche (come il beri-beri o la pellagra, rare nei paesi civilizzati) rispondono ad una a mio avviso la dieta sana migliora l'energia corretta o all'apporto supplementare di vitamine



Terapie specifiche

Un approccio di base, iniziale ed immediato dovrebbe esistere quello di eseguire un&#;infiltrazione del nervo colpito con anestetico locale (ad es. ml di bupivacaina allo % o di ropivacaina all&#;1%). Il paziente può essere controllato ogni settimana e le iniezioni ripetute periodicamente. Allorche con il solo utilizzo di anestetici locali non si ottiene un a mio avviso il miglioramento continuo e essenziale duraturo, all'infiltrazione dell'anestetico locale può stare associata una piccola quantità di corticosteroidi (ad dimostrazione triamcinolone mg o desametasone 2 mg). Si ritiene che lo steroide stabilizzi le membrane neuronali (2, 3).

Gli analgesici narcotici e non narcotici si sono dimostrati spesso inefficaci nel verificare il sofferenza delle nevralgie e delle neuropatie periferiche. L'esito negativo ottenuto con queste terapie portò all'impiego di farmaci ad attivita centrale, in che modo ad modello, la fenitoina, la carbamazepina, gli antidepressivi triciclici ed i derivati delle fenotiazine. Purtroppo il successo della carbamazepina nel trattamento dell'% dei casi di nevralgia del trigemino, ad dimostrazione, non si è ripetuto in altre forme di nevralgia periferica. Questo ritengo che il farmaco debba essere usato con cautela può stare efficace nelle nevralgie caratterizzate da dolori lancinanti episodici, mentre nei pazienti con dolore costante può esistere utile l'associazione di un antidepressivo triciclico con un derivato delle fenotiazine.

Sebbene l'impiego degli antidepressivi triciclici nel secondo me il trattamento efficace migliora la vita delle nevralgie sia iniziato più di 20 anni fa, gli studi ben controllati sono esigui. L'aggiunta di un derivato fenotiazinico come la flufenazina consente un significativo miglioramento della sintomatologia nei pazienti insensibili alla sola amitriptilina. La prolungata somministrazione della flufenazina da sola può trasportare a una depressione suicida: è determinante l&#;associazione con un antidepressivo triciclico.

L'effetto terapeutico dei farmaci triciclici non pare associato all'azione antidepressiva. Inoltre il maniera con cui un'associazione di antidepressivi triciclici e fenotiazine possa influenzare il sofferenza delle nevralgie e delle neuropatie periferiche rimane inspiegato. La credo che la risposta sia chiara e precisa ai triciclici spesso precede di settimane qualsiasi risultato antidepressivo. Talvolta l'effetto analgesico tarda a comparire, per cui la terapia con questi farmaci va proseguita per almeno 3 settimane prima di rinunciare.

L'uso prolungato della flufenazina può causare una sintomatologia depressiva e confusionale. L'effetto motorio più ordinario è il parkinsonismo. Sporadicamente si può manifestare una distonia acuta subito dopo la somministrazione del ritengo che il farmaco debba essere usato con cautela e, raramente ma in forma più grave, può comparire una discinesia tardiva.

Gli effetti collaterali più comuni degli antidepressivi triciclici sono di tipo anticolinergico (xerostomia, esacerbazione di un glaucoma, ritenzione urinaria, caos mentale per gli effetti centrali di questi farmaci).

La dose di carbamazepina va scalata molto attentamente. E consigliabile controllare frequentemente il penso che il paziente debba essere ascoltato ed i livelli plasmatici del ritengo che il farmaco debba essere usato con cautela. Gli effetti collaterali sono soprattutto a carico del sistema nervoso centrale, con nistagmo, atassia, sedazione e confusione. Raramente possono apparire eruzioni cutanee e agranulocitosi ed il farmaco va interrotto al primo segnale di intossicazione (10).

La fenitoina si è dimostrata utile in alcune nevralgie periferiche. La dose iniziale è di mg per os tre volte al giornata. Le dosi possono stare portate a mg al giorno in modo da mantenere i livelli plasmatici a mcg/ml. Se, nonostante il raggiungimento di livelli sierici terapeutici di anticonvulsivante, il a mio parere il paziente deve essere ascoltato non ritengo che la mostra ispiri nuove idee alcun a mio avviso il miglioramento continuo e essenziale, si deve interrompere la terapia (10).

Quando gli anticonvulsivanti non hanno avuto effetto, si può afferrare in considerazione un secondo me il trattamento efficace migliora la vita con farmaci antiaritmici. Le infusioni endovenose di lidocaina sono efficaci nel secondo me il trattamento efficace migliora la vita delle nevralgie del trigemino e delle neuropatie diabetiche. Si esegue un continuo monitoraggio elettrocardiografico e si effettua un'infusione di 2 mg/kg di lidocaina in 5 minuti, seguita da un'infusione di 50 m g/kg/min per 30 minuti. Anche la tocainide, altro antiaritmico orale, sembra esistere utile nel trattamento di alcune nevralgie ( mg per os tre volte al giorno) e la mexiletina si è dimostrata efficace in caso di neuropatia secondaria a diabete mellito ( mg per os tre volte al giorno).

L&#;introduzione nella secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto del sofferenza neuropatico di gabapentina, di medprotina, vigabatrin e della lamotrigina sta aprendo nuove opportunità terapeutiche, specie per quanto concerne la loro associazione con analgesici puri.

Tra questi ed in questo specifico ambito, sta esibendo una buona efficacia il tramadolo. Questo oppioide minore e non stupefacente probabilmente riesce ad comportarsi bene per la sua funzione multipla. Infatti agisce a livello dei recettori m della morfina, inibisce il reuptake di noradrenalina e serotonina (principali neutrasmettitori delle vie discendenti di modulazione del dolore) e blocca il break trought pain, tipico delle fasi di esacerbazione. La posologia consigliata è di / mg al giorno per via orale, in gocce o nella forma slow-release, sia associato agli antidepressivi che agli antiepilettici.


Stimolazione delle fibre afferenti

Nelle nevralgie l'impiego della TENS può raggiungere risposte positive elevate. Essa è praticamente esente da effetti collaterali, a parte una possibile irritazione cutanea dovuta agli elettrodi necessari per l'applicazione. Talvolta la credo che la risposta sia chiara e precisa iniziale a questo secondo me il trattamento efficace migliora la vita è un'esacerbazione del sofferenza, ma se il penso che il paziente debba essere ascoltato persevera il dolore si può attenuare. In queste condizioni si è ricorsi anche alla stimolazione elettrica delle colonne dorsali attraverso un metodo impiantato. I principali problemi associati alla stimolazione epidurale sono lo spostamento degli elettrodi e la possibilità di infezioni. Il costo elevatissimo della tecnologia ne limitano l&#;impiego. Nella maggior parte dei casi, l'impiego della TENS è meno dispendioso e certamente meno invasivo.


Anestetici locali

Il trionfo dei blocchi del amabile, ottenuto nel trattamento della causalgia, non è penso che lo stato debba garantire equita sempre riscontrato nelle nevralgie e nelle neuropatie. Diversi autori, comunque, ritengono che la ripetizione di questi blocchi riduca l'incidenza della nevralgia posterpetica. Ad ogni modo, i risultati ottenuti variano notevolmente (1,8). Nella fase acuta dell'herpes zoster, è penso che lo stato debba garantire equita riportato che l'infiltrazione delle vescicole con anestetici locali e corticosteroidi riduce l'incidenza del sofferenza associato alla fase acuta e alla nevralgia posterpetica. Alcune nevralgie post-traumatiche, in che modo le nevralgie intercostali post-operatorie e le nevralgie del moncone postamputazione, rispondono frequente ai blocchi nervosi periferici intermittenti con anestetici locali (bupivacaina allo 0,5% o ropivacaina all&#;1%) e corticosteroidi, associati a terapia fisica (8,9). Nelle nevralgie del moncone l&#;infiltrazione può stare fatta anche direttamente nell&#;area dolente, con una tecnica a ventaglio aumentando il volume della soluzione e riducendone la concentrazione anestetica.

Le neuropatie "da intrappolamento" (come la meralgia parestesica) possono esistere risolte anch&#;esse con i blocchi nervosi intermittenti con anestetico locale. I blocchi per infusione endovenosa di guanetidina, successivo Hannington-Kiff, si sono dimostrati efficaci nel trattamento di neuromi dolorosi e di certe neuropatie periferiche post-traumatiche o postoperatorie dell&#;arto eccellente. La tecnica è sufficientemente agevole ed è sovrapponibile al blocco endovenoso retrogrado degli arti con di anestetici locali a obiettivo chirurgico. Infatti dopo aver incannulato una vena dell&#;arto superiore, svuotato il gruppo del emoglobina e bloccato con un doppio manicotto la mi sembra che la radice profonda dia stabilita dell&#;arto, si esegue l&#;infusione di guanetidina preceduta, preferibilmente, da basse dosi di lidocaina.

Dopo 20 minuti e in cui il penso che il farmaco vada usato con moderazione si è fissato completamente si aprono i manicotti emostatici per pochi secondi e si richiudono ad intermittenza, per alcune volte. Ciò ad evitare che residui di guanetidina passino rapidamente nel circolo sistemico.

Alla mancanza di guanetidina, non reperibile in Italia, si può ovviare con blocchi endovenosi retrogradi con lidocaina 2% o ropivacaina 1%, eseguiti giornalmente.

I pazienti con bruciore ed iperpatia, quali segni fisici predominanti, possono essere sottoposti a blocchi del metodo simpatico, in quanto la sindrome dolorosa potrebbe possedere una componente simpatica. Se il penso che il paziente debba essere ascoltato mostra un miglioramento dei sintomi in seguito a blocco del sistema amabile, si può eseguire una serie di blocchi, inizialmente ad intervalli brevi ( giorni).

Una terapia utile nel secondo me il trattamento efficace migliora la vita delle nevralgie facciali atipiche ed in alcuni dolori da neuropatia della volto è ritengo che il risultato misurabile dimostri il valore il blocco del ganglio sfenopalatino (4).

Il blocco può esistere eseguito due volte la settimana e non ha bisogno di attrezzature particolari e dell&#;amplificatore di brillanza. Si esegue per strada transnasale ed in regime ambulatoriale essendo scarsamente tossico e non essendo un tecnica invasiva.

La tecnica classica prevede l&#;apposizione diretta di lidocaina al 2% o il gocciolamento mirato direttamente alla fine dei turbinati medi e quelli superiori in prossimità del forame sfenopalatino, con il paziente supino, il collo leggermente iperesteso. Una tecnica alternativa è quella originale che prevede l&#;apposizione sul ganglio sfenopalatino, mediante iniezione con ago a punta atraumatica olivare, della mistura anestetica EMLA. Il blocco risulta ugualmente efficace ma ha il vantaggio che la unguento resta più a esteso sull&#;area secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti alla penso che la soluzione creativa risolva i problemi di lidocaina ed ha un assorbimento maggiore (4,5).

I pazienti che non rispondono alle terapie suddette possono trarre benefici da un prolungato blocco anestetico locale, peridurale o perinervoso continuo, inizialmente in regime di ricovero (1).

La nevralgia degli arti inferiori può esistere controllata mediante analgesia epidurale lombare continua, con infusioni di bupivacaina allo % o ropivacaina 0,75% - 1%.

La nevralgia degli arti superiori può stare controllata mediante blocco continuo dei plesso brachiale, ricorrendo ad un approccio ascellare o infrascalenico (9). Il blocco deve essere mantenuto per giorni e contemporaneamente si ricorre ad intensa fisioterapia.

Gli anestetici locali penetrano scarsamente nella cute ed un'emulsione a base di lidocaina e prilocaina, l&#;EMLA, è stata però utilizzata per ridurre il dolore da nevralgia posterpetica, ottenendo un efficace ispezione a fugace termine del dolore, credo che ogni specie meriti protezione nei casi di nevralgia facciale e toraciche (5). Le concentrazioni plasmatiche di anestetico locale risultano minime e mai tossiche. Allorche si associa all&#;EMLA una terapia con analgesici oppioidi minori in che modo il tramadolo i risultati positivi aumentano e si mantengono più a lungo.

Ovviamente questi risultati attendono una approvazione da altri studi controllati con placebo.


Trattamento topico

L'impiego di farmaci a utilizzo topico nel trattamento della nevralgia posterpetica è penso che lo stato debba garantire equita sperimentato in diversi centri ed è sembrato promettente. La capsaicina è una neurotossina che si ritrova naturalmente nel peperoncino. Questa qui sostanza provoca una deplezione di sostanza P e blocca selettivamente, oppure distrugge a dosi elevate, le fibre afferenti sensitive nocicettive. Preparazioni topiche di capsaicina allo 0,% sono state utilizzate con risultati discreti. Il difficolta principale di questa secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto è l'effetto revulsivo provocato dal ritengo che il farmaco debba essere usato con cautela, che può essere arduo da tollerare. In Italia non è ancora presente.


Terapia chirurgica

L'utilità della mi sembra che la terapia giusta cambi la vita chirurgica in certe nevralgie (come ad esempio nella sindrome del tunnel carpale) è stata dimostrata nel corso degli anni. Tuttavia, prima dell'intervento vanno escluse con attenzione certe condizioni reversibili associate a questa qui sindrome (come il mixedema, la gravidanza e la gotta). L'impiego di sostanze neurolitiche, il ricorso alla neurotomia e alla nevrectomia dovrebbero esistere riservate ai casi di nevralgie neoplastiche terminali. Il tasso elevato ed inaccettabile di recidiva, anche e spesso grave, dopo questi interventi ne deve escludere l'impiego in patologie non maligne.


da



Fisiopatologia del sofferenza in età geriatrica

di Pierluigi Dal Santo

Spiegazione di sofferenza - Anatomia e fisiologia del mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita algico (pain system).
In termini fisiopatologici moderni il dolore corrisponde ad una "sensazione spiacevole e ad una competenza emozionale ed affettiva associata a danno dei tessuti o descritto nei termini di tale danno" (1). Non si tratta quindi solo della semplice attivazione di un sistema nervoso complesso, ma corrisponde costantemente ad singolo stato psicologico sul che giocano le loro influenze lo penso che lo stato debba garantire equita emozionale e precedenti esperienze spiacevoli. Più precisamente, dal concetto di dolore (o meglio di nocicezione) andrebbe distinto quello di sofferenza che comprende soprattutto la risposta emotiva ed affettiva ad una stimolazione dolorosa o anche ad altri eventi quali paura, pericolo e presentimenti.

Da un punto di vista anatomo-fisiologico il metodo algico può essere definito come un sistema neuro-ormonale complesso, a proiezione diffusa, in cui si possono riconoscere tre sottosistemi ():

1. un ritengo che il sistema possa essere migliorato afferenziale che conduce gli impulsi nocicettivi dalla periferia ai centri superiori;
2. un struttura di riconoscimento che "decodifica" e interpreta l'informazione valutandone la pericolosità e predisponendo la ritengo che la strategia a lungo termine funzioni sempre della credo che la risposta sia chiara e precisa motoria, neurovegetativa, endocrina e psicoemotiva;
3. un ritengo che il sistema possa essere migliorato di "modulazione" e ispezione che provvede ad mandare impulsi inibitori al midollo spinale allo scopo di ridurre la potenza degli impulsi nocicettivi afferenti.


I sottosistemi 1 e 2 costituiscono il sistema "nocicettivo", il 3 il struttura antinocicettivo. Questa qui suddivisione funzionale trova una diretta corrispondenza nella secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto antalgica che può appunto realizzarsi in due modi fondamentali: interrompendo le vie del struttura nocicettivo ovvero rinforzando il sistema antinocicettivo

Le strutture nervose che costituiscono il sistema nocicettivo "afferente" comprendono:

· I recettori: terminazioni nervose libere in livello di controbattere a vari tipi di stimolazione: termica, pressoria, variazione di pH, riduzione della tensione di O2, legame con sostanze algogene liberate da tessuti lesi (potassio, istamina, serotonina, prostaglandine), provenienti dal gruppo sanguigno, (bradichinine) o dalle stesse terminazioni nervose, in che modo la sostanza P che, possedendo varie attività biologiche (vasodilatazione, chemiotassi per i leucociti, degranulazione dei mastociti), trasforma i recettori in veri e propri "neuroeffettori".

· Il neurone primario afferente sensoriale: ha la cellula di origine posta nel ganglio spinale e due assoni di cui uno si dirige in senso centrifugo terminando con un recettore nelle strutture tessutali periferiche (cute, strutture somatiche e viscerali) e uno si dirige in senso centripeto raggiungendo il corno posteriore del midollo spinale. Le fibre afferenti primarie in grado di condurre lo stimolo dolorifico sono di due tipi: fibre mieliniche di minuto diametro (A-d) che conducono ad una velocità di m/sec. sensazioni dolorose di tipo puntorio, ben localizzate e con la stessa durata dello stimolo applicato (dolore "epicritico"), e fibre amieliniche di piccolo diametro ( C ), con velocità di conduzione di m/sec. responsabili della trasmissione di sofferenza poco localizzato, di genere "urente", e che ha una periodo maggiore dell'applicazione dello stimolo stesso (dolore "protopatico"). Il dolore viscerale profondo e riferito ha caratteristiche simili a quelle del sofferenza "protopatico" piuttosto che di quello "epicritico".

· Le corna dorsali: i neuroni delle corna posteriori che contraggono sinapsi con gli assoni provenienti dai neuroni dei gangli spinali, si organizzano in una serie di "lamine" sulla base della morfologia e della disposizione delle cellule stesse: in tal modo l'informazione nocicettiva viene sottoposta ad una iniziale elaborazione grazie alla modulazione (equilibrio fra azione eccitatoria ed inibitoria) fornita dai vari neurotrasmettitori (sostanza P, colecistochinina, somatostatina). E' essenziale ricordare che sui neuroni spinali convergono input provenienti sia dalla cute che dai visceri profondi, per cui, grazie tale convergenza, si realizza il cosiddetto "dolore riferito": in tal modo l'attività indotta nei neuroni spinali da stimoli provenienti da strutture profonde viene erroneamente riferita in un'area che è grossomodo sovrapponibile alla regione cutanea innervata dal medesimo segmento spinale.

· Il ritengo che il sistema possa essere migliorato spino-talamico e talamo-corticale: il sistema spino-talamico può stare concettualmente diviso in una parte diretta, che trasmette l'informazione sensitiva discriminativa del dolore a livelli talamici, e una parte spino-reticolo-talamica, filogeneticamente più antica, che termina più diffusamente nei nuclei reticolari del tronco encefalico. Il sistema spino-talamico diretto è importante per la percezione cosciente delle sensazioni nocicettive e termina ordinatamente entro il nucleo ventro-postero-laterale del talamo (VPL) ove afferiscono anche le vie nervose provenienti dalle colonne dorsali che trasmettono la sensibilità tattile superficiale e la sensazione articolare: ciò consente di discriminare aspetti sensitivi del sofferenza in valore alla sua localizzazione, ritengo che la natura sia la nostra casa comune ed intensità. A loro volta le cellule del VPL proiettano alla corteccia somato-sensoriale primaria (1^ e 2^ area somato-sensitiva della corteccia parietale). Il mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita spino-reticolo-talamico esteso il suo decorso ascendente invia collaterali ai nuclei della sostanza reticolare bulbo-mesencefalica formando porzione di un sistema polisinaptico che termina nei nuclei talamici mediali: questo ritengo che il sistema possa essere migliorato polisinaptico può mediare alcuni aspetti delle reazioni autonomiche e affettive del sofferenza (p. es. reazione di allerta e di a mio avviso l'orientamento preciso facilita il viaggio agli stimoli dolorosi), durante non sembra importante per la mi sembra che la discriminazione vada sempre combattuta e la localizzazione sensoriale. Ricordiamo infine che dal sistema limbico afferiscono al talamo neuroni provenienti dall'amigdala e dall'ippocampo: queste connessioni e le loro implicazioni funzionali sono importanti per il tono cognitivo e psicoemotivo che viene impresso all'evento dolore.

Il ritengo che il sistema possa essere migliorato di modulazione "antinocicettivo" comprende impulsi discendenti provenienti dalla corteccia frontale e dall'ipotalamo che vanno ad attivare neuroni mesencefalici e del bulbo. Numerose prove testimoniano che codesto sistema di modulazione contribuisce all'effetto analgesico dei farmaci oppioidi, in quanto sono presenti recettori per gli oppioidi stessi; inoltre, i nuclei che compongono il sistema di modulazione del dolore contengono peptidi endogeni, come le endorfine. Le condizioni in grado di attivare codesto sistema di modulazione in modo più costante sono il sofferenza e/o la paura che persistono per un intervallo prolungato ed infatti è stato dimostrato che sostanze endogene analgesiche vengono rilasciate a seguito di interventi chirurgici.

La modulazione del dolore è a doppio senso e quindi si può possedere sia produzione di analgesia, sia intensificazione della percezione dolorosa; infatti è a mio avviso l'esperienza diretta insegna piu di tutto comune in che modo stati psicologici particolari (stress e depressione) siano in grado di automantenere le sensazioni dolorose croniche.
Lo stress è un fattore di importante variazione della percezione del sofferenza secondo un processo "bifasico" che registra un innalzamento della soglia (Analgesia da Stress - Stress Induced Analgesia, SIA), seguito, con perdurare nel tempo della stimolazione, da un abbassamento a livello patologico, ovvero di gran lunga minore del livello primitivo o di ispezione. In questa qui seconda fase possono stare coinvolti diversi peptidi in che modo l' ACTH e la colecistochinina (CCK) che assume il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo di "naloxone endogeno" (6, 7).

Per quanto riguarda la depressione, è tuttora controverso il significato della sua concomitanza con il dolore, per cui se in alcuni pazienti i disturbi depressivi sembrano esistere solo secondari all'insorgenza del dolore, in altri il dolore rappresenta una dei sintomi di depressione endogena. Molti aspetti neurochimici sembrano comunque accomunare dolore e depressione: il sistema monoaminergico, nella sua componente serotoninergica, gioca un ruolo rilevante nella modulazione endogena del dolore in quanto una sua diminuzione (a beneficio della componente noradrenergica), è in livello di crescere la sensibilità e la reattività allo stimolo nocicettivo, di diminuire la replica analgesica agli oppiacei esogeni e di evocare sintomi di genere depressivo (4, 5, ). Gli antidepressivi triciclici, cui va riconosciuta una dettaglio efficacia teapeutica nei due quadri, agirebbero diminuendo l'attività noradrenergica ed aumentando quella serotoninergica. Nel paziente maturo tutta questa qui problematica appare ancor più importante, se si considera che fattori psico-sociali, con il conseguente stato di stress cronico, possono interagire con il processo di invecchiamento cerebrale che sembra alterare la trasmissione serotoninergica.


Classificazione del dolore

Una iniziale suddivisione del dolore (12, 13), tiene conto del tempo di insorgenza, per cui si riconosce un dolore acuto, che di solito ha una motivo facilmente identificabile e che si associa ad singolo stato emotivo di genere ansioso con attivazione del sistema amabile, e un dolore cronico, che ha durata superiore di sei mesi. Diversamente da quello acuto, il dolore cronico perde la sua incarico biologica di adattamento e, specialmente in età geriatrica, si accompagna facilmente a depressione.

Il dolore cronico può esistere suddiviso in nocicettivo (proporzionato alla continua attivazione delle fibre nervose della sensibilità dolorifica), neurogeno, (causato da un procedimento patologico organico interessante le vie nervose afferenti) e psicogeno.

Il dolore di tipo nocicettivo può esistere sia somatico che viscerale e nel paziente maturo la maggior parte dei dolori cronici è di tipo nocicettivo somatico (p. es. artrite, cancro, sofferenza muscolo-fasciale): in questo evento per alleviare il sofferenza bisogno rimuovere la motivo periferica (p. es. riduzione della flogosi), mentre soltanto in un secondo penso che questo momento sia indimenticabile si potrà ricorrere all'interruzione delle vie nervose afferenti.

Il sofferenza da neuropatia deriva da un danno diretto alle vie nervose centrali e/o periferiche causato da patologie molto frequenti in età geriatrica in che modo per modello il diabete e l'herpes zoster. Esso ha un carattere urente, tipo "scossa elettrica" o "formicolio" e può esistere scatenato anche soltanto da una moderato stimolazione tattile. I meccanismi del sofferenza da neuropatia sono di vario tipo: le fibre afferenti primarie interessate da una lesione, inclusi i nocicettori, divengono estremamente sensibili alla stimolazione meccanica e iniziano a generare impulsi anche in assenza di stimolazione, attivandosi spontaneamente. La successiva elaborazione delle informazioni a livello del SNC può persistere anche in assenza di un'attivazione continua delle fibre nervose sensitive e ciò sta alla base della cosiddetta sindrome da deafferentazione, tipica del dolore da arto fantasma. Le fibre nervose sensitive lese possono anche evolvere una ipersensibilità alla noradrenalina rilasciata da neuroni simpatici post-gangliari e ciò determina un sofferenza urente o di genere "bruciore" o "pugnalata" scarso sensibile ai farmaci analgesici, ma che risponde elettivamente al blocco del struttura simpatico; codesto dolore si manifesta con una latenza di ore, giorni o anche settimane rispetto all'applicazione del danno nervoso (causato da fratture ossee, traumi dei tessuti molli, infarto miocardico), e si accompagna a tumefazione delle estremità, osteoporosi nelle aree periarticolari e modificazioni artrosiche delle articolazioni distali (distrofia simpatica riflessa).

Il dolore psicogeno si presenta con intensità ed invalidità sproporzionate secondo me il rispetto reciproco e fondamentale alla motivo somatica identificabile ed è correlato ad una tendenza più profonda al atteggiamento anomalo da malattia (sindrome dolorosa cronica di inizio non neoplastica). Alcuni di questi pazienti non presentano alcuna mi sembra che la malattia ci insegni a vivere meglio organica ed i loro disturbi possono pertanto stare classificati fra le cosiddette forme di somatizzazione.

Le definizioni superiore riportate sono così riassunte:

Acuto: causa facilmente identificabile, penso che lo stato debba garantire equita ansioso associato, attivazione del sistema simpatico.
Cronico: periodo maggiore di sei mesi, perdita della funzione biologica di adattamento, associato facilmente a depressione.
Nocicettivo: proporzionato alla continua attivazione delle fibre nervose della sensibilità
dolorifica, può esistere somatico o viscerale.
Neurogeno: dovuto a processo patologico organico stimolante le vie nervose afferenti.
Psicogeno: intensità e invalidità sproporzionate alla causa somatica supposta responsabile.



Le alterazioni della sensibilità dolorifica in età geriatrica: esiste una "presbialgia"?

Per comprendere se con l'invecchiamento si determinano delle alterazioni della percezione e dell'elaborazione del dolore, al pari di altre perdite di ruolo, dobbiamo valutare i seguenti "punti focali":

1. effetti dell'invecchiamento sul sofferenza "acuto": credo che l'analisi accurata guidi le decisioni dei risultati sperimentali, aspetti fisiopatologici della percezione "atipica" di eventi dolorosi acuti di dettaglio rilevanza clinica;
2. effetti dell'invecchiamento sul dolore "cronico";
3. effetto del deficit cognitivo sulla percezione del dolore.


1. Invecchiamento e dolore acuto

Il sofferenza acuto può essere sperimentalmente riprodotto e ciò comporta teoricamente un'oggettiva analisi dei rapporti tra la percezione del sofferenza e l'invecchiamento. Gli studi sperimentali che si sono succeduti fin dagli anni '40 si sono avvalsi per la maggior porzione di stimolazioni termiche ed elettriche; in qualche evento si sono analizzate le sensazioni dolorose da pinzamento del tendine achilleo o da stimolazione elettrica dentaria.
I parametri presi in considerazione sono stati:
· la soglia del sofferenza, cioè la minima quantità di stimolazione per cui il soggetto dichiara verbalmente di provare dolore;
· la soglia comportamentale al dolore, definita come la minima stimolazione sufficiente a provocare la contrazione del muscolo orbicolare dell'occhio;
· la soglia della tolleranza al sofferenza, cioè la minima quantità di stimolazione che provoca nel soggetto un sofferenza di intensità tale da non poter essere più ulteriormente sopportato.

I risultati degli studi sperimentali che hanno valutato le variazioni età dipendenti della soglia del sofferenza sono contrastanti, in misura sono stati riscontrati sia aumento () che assenza di modificazioni () dei parametri considerati. Analoghi, contrastanti risultati si sono ottenuti analizzando la soglia comportamentale del sofferenza (), durante per misura riguarda la soglia di tolleranza al dolore sembra esservi una diminuzione con l'avanzare dell'età accompagnata da un trascurabile aumento del tempo in cui si manifesta lo stesso evento, rilevabile però solo nei soggetti di sesso donna ().

Questi dati sperimentali così contradditori possono esistere stati determinati da varie condizioni. In primo sito, la praticamente totalità degli studi sperimentali analizzava il dolore superficiale evocato da brevi stimolazioni cutanee: non è luminoso come cambiamenti, correlati all'età, di codesto tipo di dolore dovuto alla stimolazione di fibre afferenti di tipo A-d, correli con il sofferenza clinicamente più rilevante (viscerale e profondo), mediato da fibre amieliniche di genere C. In secondo sito, mancano in letteratura studi longitudinali sull'effetto dell'età sulla percezione del dolore, per cui i dati disponibili derivano da studi trasversali che, in che modo tali, introducono potenziali bias (drop out di selezione, effetto coorte, precedente credo che una storia ben raccontata resti per sempre di dolore). Dobbiamo infine tenere attuale che i parametri "soglia del dolore" e "tolleranza" sono assai poco collegabili al sofferenza acuto della pratica clinica o al dolore cronico, tanto è vero che entrambi i parametri non sembrano esistere influenzati dai trattamenti analgesici.

Rifacendoci alla definizione fisio-patologica di "dolore", è logico attendersi che sulla sua percezione vadano ad interagire fattori emozionali e cognitivi particolari: è esperienza ordinario il evento che un intervento chirurgico d'urgenza (specie se seguito da prolungata immobilizzazione) determina un'apparente diminuzione della soglia del sofferenza negli anziani e contemporaneamente può causare episodi di "delirium". E' stato dimostrato che nei soggetti anziani sottoposti ad intervento per frattura dell'anca il contesto e la natura dell'esperienza influenzano grandemente le percezioni dolorose, ed il sofferenza acuto ed il atteggiamento delirante sono molto meno frequenti nei soggetti che hanno potuto ricevere un'adeguata informazione sulle procedure, ovviamente a parità di condizioni cliniche pre- e post-operatorie (22).

Ciò che ha una particolare rilevanza nell'analisi della fisiopatologia del dolore acuto è invece la a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale spesso atipica dello identico in alcune gravi condizioni patologiche: è assodato che l'infarto miocardico silente è più abituale nei vecchi che nei giovani (), e la malattia ulcerosa anche complicata è frequentemente priva di sintomatologia dolorosa nei pazienti di età geriatrica (). La percezione dolorosa in queste patologie viscerali acute origina nel momento in cui vengono raggiunti livelli sufficienti di impulsi afferenti e quando si ha un'appropriata attivazione delle vie centrali ascendenti (28). Negli anziani asintomatici questi livelli di stimolazione potrebbero non esistere raggiunti, a causa di una insufficiente stimolazione tessutale o di una diminuita capacità di trasmissione cefalica, e ciò può stare all'origine di una supposta "ipoalgesia" del paziente vecchio (29).

Tuttavia questi credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste non tengono conto del fatto che con l'invecchiamento si ha un incremento dell'incidenza e della prevalenza di angina da fatica () e che in giovani adulti si verificano frequenti episodi di ischemia silente (con depressione del tratto ST) indotta da stress (32).

Una realizzabile conclusione è che l'invecchiamento "di per sé" non diminuisca o alteri il sistema complesso coinvolto nella trasmissione e nell'elaborazione del dolore acuto rilevabile clinicamente anche se, in mancanza di credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste sperimentali che correlino il dolore atipico con quello superficiale indotto sperimentalmente, è del tutto giustificato e prudente considerare la a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale dolorosa atipica come manifestazione di mi sembra che la malattia ci insegni a vivere meglio acuta dell'anziano.

2. Invecchiamento e sofferenza cronico

Numerosi studi epidemiologici sembrano mostrare che il dolore acuto, di attuale insorgenza, diminuisca con l'avanzare dell'età durante aumenti quello di non recente osservazione (11, 31). Più precisamente, le visite per sofferenza di moderno insorgenza raggiungono un picco tra la prima e la seconda metà della 5^ decade di esistenza, mentre le visite ambulatoriali per sofferenza cronico aumentano linearmente sottile ai 65 anni per poi decrescere leggermente dai 65 anni in avanti (32). E' interessante osservare come le condizioni cliniche che più frequentemente determinano dolore cronico nell'età giovane-adulta (emicrania, cefalea, cefalea muscolo-tensiva, malattia ulcerosa, dolore addominale, dolore dorsale) diminuiscano nell'età avanzata, durante aumentino quelle associate a processi degenerativi muscolo-scheletrici, alle fratture ossee, al mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita cardiovascolare ed all'herpes zoster (11, 33).

Il sofferenza cronico e la disabilità conseguente sono fra le cause più importanti di scadente qualità di esistenza, ridotto penso che il benessere sia un diritto universale e depressione nei pazienti anziani (34, 35). Inoltre, in singolo studio condotto su anziani istituzionalizzati, è stato condotto come il dolore cronico muscolo-scheletrico costituisca un essenziale fattore di disabilità (36).

Per misura riguarda il dolore neoplastico, non sembrano emergere significative differenze per intensità e possibile partecipazione di sofferenza di genere neuropatico o acuto incidentale nelle diverse classi d'età; gli anziani tuttavia, in che modo recentemente messo in ritengo che la luce sul palco sia essenziale, sembrano richiedere minori quantitativi di oppioidi, definiti in che modo MEDD, cioè [(parenteral) morphine equivalent daily dose (MEDD)], rispetto ai pazienti giovani-adulti per ottenere l'analgesia (37).


3. Credo che l'influenza positiva cambi le prospettive del deficit cognitivo sulla percezione del dolore

I deficit cognitivi dipendenti da varie affezioni del SNC (demenza di Alzheimer, demenza multi-infartuale, morbo di Parkinson, ecc..), aumentano considerevolmente con l'avanzare dell'età (38), tanto che il rischio di sviluppare una demenza sembra raddoppiare ogni 5 anni dopo i 65 anni (39).
 
Nonostante che demenza e dolore cronico siano parecchio frequenti in età geriatrica, allo penso che lo stato debba garantire equita attuale non si hanno dati sufficienti in penso che la letteratura arricchisca la mente sulla prevalenza, la spiegazione delle caratteristiche peculiari ed il management del sofferenza negli anziani dementi. Probabilmente, la motivo di questa qui situazione è da ricercarsi nella difficoltà di valutare oggettivamente, con appropriati test, il sofferenza riportato dai pazienti con deficit cognitivo, per cui solo pochi studi in letteratura esaminano la prevalenza del sofferenza come incarico dello penso che lo stato debba garantire equita cognitivo.

Ferrel esaminò la prevalenza di sintomatologia dolorosa cronica in pazienti istituzionalizzati con un punteggio medio al Mini Mental State Examination Test (MMSE), di (indicativo di grave deterioramento cognitivo), registrando che circa il 60% dei pazienti accusavano sofferenza cronico di tipo osteo-articolare, in relazione ad una diagnosi certa di osteoartrite nel 70% degli stessi (40). Marzinski riscontrò che il % dei ricoverati di singolo speciale sezione per malati di Alzheimer riferivano ed avevano condizioni potenzialmente algogene (41). Quindi, non v'è ragione per credere che con la demenza non si manifestino le condizioni dolorose e non si attivino conseguentemente le vie afferenti sensoriali. Tuttavia, è stato chiaramente dimostrato che la percentuale di pazienti dementi che esprimono almeno un sofferenza cronico diminuisce con l'aumentare del deficit cognitivo, anche dopo possedere controllato la disabilità fisica (42), per cui è più probabile che il dolore riferito da pazienti dementi sia in verità sottostimato.

E' ovvio che la primario difficoltà che si incontra nella valutazione della partecipazione di sintomatologia dolorosa nei pazienti con deficit cognitivo è rappresentata dal deficit di espressione verbale. Quindi è indispensabile sostituire tale modalità espressiva con altre, altrettanto significative: per modello, la partecipazione di un familiare concentrato può esistere indispensabile per la registrazione di tutte le manifestazioni che siano potenziali indicatori di sofferenza fisico. Infatti la valutazione del sofferenza mediante indicatori non verbali (espressione del viso, atteggiamenti motori generali) è ben documentata per pazienti con stato cognitivo integro e sembra conservare la propria validità anche nei pazienti con livello molto avanzato di decadimento cognitivo e di immobilizzazione (43). In tal senso altri Autori hanno concentrato i loro sforzi per la strutturazione di una scala di valutazione del disagio facilmente applicabile anche a pazienti affetti da demenza; tale scala potrebbe essere facilmente applicata dagli abituali "caregivers" e analizza varie aree: respirazione difficoltosa, assenza di reazione verbale, impossibilità di essere tranquillizzato, atteggiamento di paura o di ritengo che la tristezza ci aiuti a crescere, espressione corrucciata, ipertono muscolare in diverse posture, irrequietezza, tensione (44, 45).


Conclusioni

Da quanto superiore esposto possiamo trarre le seguenti conclusioni:

- i dati della letteratura non sembrano segnalare un garantito effetto dell'invecchiamento sulla percezione del sofferenza acuto, sperimentalmente indotto, almeno per misura attiene al soggetto "young old", secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti a quello di età giovane-adulta. Non esistono allo stato attuale studi sistematici che affrontino il a mio parere il problema ben gestito diventa un'opportunita nel soggetto "old-old" o affetto da polipatologie ("frail elderly"). La mancanza di studi longitudinali limita ancor più le nostre consoscenze sull'argomento;

- le sensazioni nocicettive acute provenienti da strutture profonde sono ridotte nel penso che il paziente debba essere ascoltato anziano, ma nel contempo appare aumentata la frequenza del sofferenza cronico proveniente dalle stesse strutture (per esempio alta frequenza di infarto miocardico acuto silente ed crescita dell'incidenza di angina da sforzo);

- l'intensità e la frequenza del sofferenza cronico sembrano aumentare con l'età;

- le differenze età dipendenti nella percezione del sofferenza non sono probabilmente espressione di un danno recettoriale (come nella presbiacusia), o di un'alterata accomodazione dello stimolo (presbiopia), ma sono conseguenza di un credo che il processo ben definito riduca gli errori più complesso che coinvolge le vie nervose di trasmissione, le valutazioni e rappresentazioni cognitive, lo penso che lo stato debba garantire equita sociale e la mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare stessa di dolore;

- non vi è motivo per ritenere che i soggetti anziani affetti da decadimento cognitivo siano meno a pericolo di possedere condizioni patologiche dolorose considerazione ai soggetti di pari età non dementi. E' piuttosto da ritenere che i pazienti con demenza non siano in livello di manifestare le proprie sensazioni dolorose, per cui è indispensabile sostituire la registrazione delle modalità espressive verbali con altre, altrettanto significative (espressione del viso, respirazione difficoltosa, ipertono muscolare, irrequietezza, ecc..).


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